Compri rosa per fidanzata?
di SKA su Propaganda il 15 Dicembre 2010, 17:15
I “manifestanti in favore dell’On. Scilipoti” durante il voto di fiducia alla Camera. (link)
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I “manifestanti in favore dell’On. Scilipoti” durante il voto di fiducia alla Camera. (link)
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Ecco. Quando dicevo ai miei amici che la vicenda Giuliani-prende-a-cazzotti-Emilio Fede non era altro che una studiata operazione di Guerrilla Marketing, con la probabile connivenza dello stesso Fede, mi hanno tacciato di infido complottismo, che è ormai l’argomento preferenziale per stroncare discussioni sul nascere. Ora con tanto di prove alla mano ci ha pensato Will a rimettere le cose al proprio posto.
Proprio l’altro giorno concludevo il post “Ndrangheta e Lega” con una citazione tratta dall’intervista a Gianfranco Miglio, ideologo della Lega Nord, rilasciata a Il Giornale nel marzo del 1999. La stessa citata anche da Roberto Saviano in Vieni via con me sempre in relazione ai rapporti – veri o presunti – tra ‘ndrangheta e Lega Nord. La ripropongo qui sotto con il link all’intervista integrale, recuperata nel frattempo, in cui comunque si parla anche di altro.
Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ‘ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità. C’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate.
«Nell’ultimo quindicennio la ‘ndrangheta ha conteso alla Lega il controllo del territorio “padano”. Non è vero che al Nord c’è solo la Lega che controlla il territorio; c’è anche la ‘ndrangheta che, esattamente nelle stesse località dove c’è un forte insediamento della Lega, gestisce potere, agisce economicamente, fa investimenti, interviene in vari campi, anche sociali, ha una presenza in politica».
«L’egemonia politica e territoriale della Lega non ha comportato la scomparsa della ‘ndrangheta. A voler essere precisi, s’è realizzata una coabitazione tra Lega e ‘ndrangheta esattamente negli stessi territori. L’equazione “controllo del territorio da parte della Lega = scomparsa dei fenomeni criminali e mafiosi” non è affatto vera; anzi, è falsa. La preponderanza politica della Lega non ha assicurato una minore incidenza mafiosa su quei territori; al contrario, tale incidenza è aumentata. È un dato di fatto, è la descrizione della realtà così com’è; negare l’evidenza non serve a nulla. Serve, semmai, cercare di capire perché ciò sia avvenuto; e per farlo c’è bisogno di armarsi di coraggio e umiltà. Non è, questa, una polemica con la Lega, ma un invito a riflettere rivolto prima di tutto ai militanti e ai dirigenti della Lega, che affermano di battersi per la difesa del loro territorio e della loro identità; e non c’è motivo per non credere che queste intenzioni siano vere.»
Paolo Cicone scrive questo Ndrangheta Padana che spiega, o prova a spiegare, la coabitazione tra ‘ndrangheta e Lega Nord nei territori della cosiddetta “Padania”.
Sono ormai lontani anni luce i tempi in cui gli esponenti della Lega Nord, anche tramite il proprio organo di stampa ufficiale “La Padania”, si schieravano radicalmente contro tutte le organizzazioni criminali che – anche grazie alla politica Democristiana e Socialista – avevano o stavano per prendere il controllo dei “loro” territori. La Padania e la Lega Nord in decine di interventi arrivarono ad attaccare senza timore il “mafioso di Arcore”. Umberto Bossi diceva cose di questo tipo: “Il problema è che al Nord la gente è ancora divisa tra chi sa che Berlusconi è un mafioso e chi non lo sa ancora.” Ed altre carinerie. Cose che a dirle oggi ti becchi come minimo del giacobino-giustizialista-manettaro.
L’argumentum era di una facilità disarmante: noi della Lega non vogliamo infiltrazioni mafiose nei nostri territori, nelle nostre aziende o soldi dalle “finanziarie della mafia”. A costo di mettersi contro quello che, di lì a pochi anni, sarebbe stato il loro unico referente politico e senza il quale la Lega sarebbe rimasta a fare comizi lì dov’era. Senza poltrone o incarichi di governo.
Negli ultimi 20 anni le politiche territoriali della Lega Nord sono state gradualmente abbandonate, sino al completo dissolvimento, in favore di un dislocamento quasi totale verso la tanto odiata “Roma Ladrona” e piazzando esponenti all’interno di alcuni – molti – Comuni Padani. Il tanto sbandierato controllo del territorio è venuto a mancare – nessuno sta parlando di collusione, attenti – lasciando campo libero a quella che è ormai diventata la principale associazione criminale di stampo mafioso in Italia. O perlomeno dalle loro parti.
Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ‘ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità. C’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate.
Capita una volta ogni lustro, ma mi sembrava doveroso scriverlo da qualche parte.
Per quei pochi che vengono a leggere o commentare direttamente sul sito, da oggi c’è una versione grafica rinnovata dello stesso. L’idea iniziale di buttare giù tutto e ricostruire da zero, con una nuova struttura dei contenuti, è stata abbandonata per un più semplice restyling generale del già esistente. Quindi niente di rivoluzionario.
Era più che altro per dare il giusto commiato ai due occhi che osservavano dall’alto i lettori. Anzi no, gli occhi erano tre.
Sì ok, è uno di quei gol a porta vuota.
Ma come pensate sia conciliabile la campagna qui sopra promossa dal Governo, con quest’altra campagna del Governo?
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Tramite Antonella e Booksblog leggo di un’iniziativa interessante della casa editrice DeriveApprodi che fa sapere in un editoriale quanto segue:
Per ragioni commerciali, abbiamo dovuto togliere dal nostro catalogo quasi 100 titoli, sottraendoli al circuito di vendita e distribuzione delle librerie. Una scelta che ci impone di mandare al macero decine di migliaia di copie per evitare spese di giacenza. Buttare o distruggere libri, anche nelle forme moderne del «macero», non può non ricordare roghi o messe all’indice ben più scellerati. Vorremmo provare almeno in parte a evitarlo, proponendo ai singoli lettori della casa editrice, alle associazioni, alle piccole biblioteche, ai dipartimenti universitari e ai punti vendita alternativi alla distribuzione un’offerta semplice: 100 libri a 100 euro, spese di spedizioni incluse.
Dal 1 al 30 novembre chiunque potrà acquistare 100 libri a 1 euro a copia, scegliendoli dall’elenco dei titoli che trovate in allegato. Dopo questa data, quei libri non saranno più disponibili al pubblico. Per sottoscrivere quest’offerta, è sufficiente:
- scaricare l’elenco allegato
- compilarlo indicando le quantità per ogni singolo titolo (attenzione: ciascun ordine non può essere inferiore ai 100 titoli)
- rispedirlo via mail all’indirizzo: acquisti[at]deriveapprodi.org, precisando i dati per la spedizione
- dalla redazione vi indicheremo le modalità di pagamento più semplici (bollettino di conto corrente postale o bonifico bancario)
Controllate l’elenco. Mi sembra un ottimo regalo da fare o da farsi per il prossimo Natale, anziché acquistare due libri spazzatura se ne possono salvare 100 dalla spazzatura.
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Il testo integrale dell’intervista a Licio Gelli mandata in onda ad Exit il 27/10/10, gentilmente inviatami dall’ufficio stampa Goigest.
Se lei mi parla della P3 mi offendo. Noi si nominava i capi dei servizi segreti: Miceli, Santovito, Martini. Il Capo di Stato Maggiore lo si nominava noi. Su suggerimenti del comandante generale della Guardia di Finanza. Avevano tutti i poteri in mano perché sapevano che avevamo il Ministro della Giustizia, Sarti. Anche lui prima di entrare sapeva, voleva sapere prima quali erano le nostre intenzioni: le nostre intenzioni erano tutte positive e favorevoli. Sapevano però che noi non si scherzava.
Intendevano superarmi. E invece sono affogati. Mi sono fatto una risata e basta. Hanno dimostrato che purtroppo questa P3, che non esiste, è stata inventata da qualcuno. I servizi segreti sanno inventare, sanno fare molte cose. Sanno scrivere, sanno inventare.
Cosa c’entrano servizi segreti, secondo lei?
Non lo so. Io Carboni non l’ho mai conosciuto. Non ho mai tenuto neanche a conoscerlo, molte volte è un fatto di pelle. Lui apparve quando Calvi era in disgrazia. Io ero intimo amico di Calvi.
(NB: era il 1981)
E’ possibile pensare che Carboni fosse in contatto con Berlusconi e Dell’Utri? Che ci fosse un legame organizzativo tra loro che magari non era una loggia ma era appunto un comitato d’affari?
Berlusconi, dopo essere stato secondo lui “scottato” dalla P2, non si sia messo assieme perché Berlusconi sa chi è Verdini. Senz’altro lo saprà bene. Legge anche i giornali. Gliel’avrà chiesto. E quindi un provvedimento doveva prenderlo subito, non tollerare. Se non ha preso il provvedimento può darsi che ci sia qualcosa per cui non lo può prendere.
Gli armadi chi li apre? Negli armadi ci sono tanti scheletri. Uno li tiene chiusi in quel modo lì e non vuole che vengano scoperti. Per non essere scoperti, quindi, bisogna tacere.
Lui ha in mano il partito. E anche gli altri stanno zitti, lo sanno benissimo. Anche Letta è indagato. Sono tutti indagati. Noi eravamo persone che se c’era uno che aveva ricevuto un avviso di garanzia sarebbe stato prima chiarito e poi espulso oppure trattenuto. Non c’è mai stato un caso nostro che era stato imputato perché sennò avremmo preso provvedimenti immediati. Ma oggi se non hai la mazzetta, anzi, non fai niente.
Mi sono distaccato completamente da tutte le istituzioni massoniche. Poi oggi ce ne sono 60-70 di associazioni – di “obbedienze”, diciamo – che sono come al Governo: al Governo sono tutti uno contro l’altro, si offendono completamente e anche queste altre piccole logge tutte dicono che la propria loggia è quella regolare. Ma non ce ne sono di regolari. Non c’è nessuna loggia regolare in Italia.
Ho conosciuto un paio di persone che credo facciano, avessero fatto o facevano parte di questa loggia illegale. Non mi hanno detto la P3, mi hanno detto “In Sardegna abbiamo creato una massoneria”. Ho detto: “Guardate, non mi interessa”.
Prima o dopo che emergesse la cronaca sulla P3?
Questo non glielo posso dire. Ma io tutti i giorni ricevo sette, otto, nove persone. Dieci. E mi chiedono tante cose…
Non mi ricordo. E’ difficile, bisogna avere anche una buona memoria. Però certe cose ogni tanto conviene dimenticarle. Distruggerle. Incenerirle. Una volta incenerite non se ne parla più. E’ il miglior archivio che esista al mondo. Quando lei incenerisce qualcosa si riesce a dormire tranquilli. E’ difficile leggere polvere bruciata, no?
Manca una realtà come la P2, oggi?
No. Si tratta di saper organizzare. La Cinquetti non cantava perché non aveva l’età. Io non lo faccio perché non ho l’età. Io non faccio nulla perché non ho l’età.
Altrimenti?
Probabilmente…
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In quest’ultima pantomima autunnale orchestrata dagli Spin Doctors ufficiali di Silvio Berlusconi & co. – parlo de Il Giornale ovviamente – mi sembra si sia fatto un gran baccano e non si sia colto un nodo fondamentale della vicenda. Il Giornale decide di attuare una vera e propria operazione di trolling nei confronti delle testate da loro considerate “di sinistra”, sfruttando la brutta – quanto ovvia e corretta – nomina di giornalisti servi del capo pronti ad utilizzare dossier per delegittimare avversari politici o critici non allineati.
Durante la creazione del dossier-troll Porro, evidentemente informato sulle intercettazioni dei rispettivi telefoni, decide di iniziare a fare lo spiritoso con Arpisella, portavoce della Marcegaglia. Lo scherzone riesce nell’intento di spaventare Arpisella e conseguenzialmente Emma Marcegaglia che cade come una fessa nel gioco del Giornale appellandosi a Fedele Confalonieri e dimostrando quindi tutta la sua debolezza.
Ed è proprio questo il punto. Come ha detto giustamente Feltri a Le Invasioni Barbariche, per quale motivo un quotidiano dovrebbe far sapere al diretto interessato di avere un dossier su di lui (lei in questo caso) ed informarlo dell’uscita imminente dell’inchiesta? Anche volendo accostare l’episodio alla vicenda Fini-Montecarlo – ma l’intento dissimulatorio de Il Giornale era proprio questo – non mi risulta che Fini sia stato avvertito dell’inchiesta o pseudo-tale. Tantomeno Boffo tempo prima.
L’intento non esplicito, ma ormai dichiarato abbastanza chiaramente anche da Sallusti era quello di delegittimare l’attuale presidente degli industriali mostrandone tutte le debolezze davanti al comitato di presidenza di Confindustria, spostando aghi della bilancia in favore di nomi più vicini al premier – Marina Berlusconi? – ed ovviamente interessi di interi settori industriali.
E quindi “Se gli imprenditori italiani si consegnano a Travaglio” di Sallusti diventa il manifesto conclusivo dell’operazione, in cui viene disegnata una donna debole in balìa di attacchi isterici e “dilettante allo sbaraglio”. Una donna a capo di industriali che non ha ben chiaro “il concetto di libero mercato”, “bambina impaurita”, “mediocre” per arrivare a :
Una figuraccia senza precedenti, che ha fatto ridere mezza Italia e preoccupare tutti per lo stato in cui si è ridotta la prima organizzazione imprenditoriale del Paese. Se gli interessi degli industriali vengono gestiti con lo stesso sistema non c’è certo da stare allegri. Siamo di fronte alla stessa doppiezza della magistratura, che da una parte invoca il rispetto delle regole e dell’autonomia, dall’altra delle regole, e delle leggi, se ne infischia.
E tutti gli altri giornali italiani dietro al carrozzone.
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Sulla noiosissima quanto irrilevante questione “casa a Montecarlo” di Fini e congiunti ci sarebbe da aggiungere, a corredo informativo, una questione di qualche anno fa che rende ancora più palese la forza degli spin doctors berlusconiani quando c’è da fare fuori un avversario politico pericoloso.1
Qualcuno ricorda l’inchiesta de L’Espresso del 2007 chiamata poi “svendopoli”? Si scoprì che personalità politiche, di tutti gli schieramenti, acquistarono immobili direttamente da enti pubblici o da privati a prezzi stracciati. E qualcuno si ricorda, sempre all’interno di quell’inchiesta, di quell’attico acquistato da Silvio Berlusconi – una sua società ovviamente – per l’amica/soubrette Sonia Grey a metà prezzo. Si trattava di un attico ex Ina alla Balduina, che non sarà Montecarlo, ma insomma.
Mi mancano tutte le prime pagine de Il Giornale e Libero che si prodigano con la stessa veemenza per le vicende narrate da L’Espresso. Devono essermi sfuggite.
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Su segnalazione del maestro Tonus, a cui rubo anche l’azzeccatissimo titolo, torno a parlarvi di un oscuro personaggio comparso da queste parti nel lontano 2007. Il Sig. Alberto Castagna più che oscuro è nero, talmente nero che decise di rifondare il Partito Fascista Repubblicano con tanto di sito internet (chiuso), statuto, programma ed una tessera d’iscrizione da pagarsi versando 40 euro nella Postepay Littoria.
Torniamo a parlare del Sig. Alberto Castagna perché, squillino le trombe eia eia alà alà!, è tornato. E più cattivo che mai. E’ tornato attraverso un’intervista dedicatagli su Affari Italiani in cui viene raccontata in realtà una storia vecchia. La storia di una sentenza d’archiviazione (infatti del 2008) che sancisce la non punibilità – in breve – nel dichiararsi fascisti se non si perseguono finalità antidemocratiche. Fascista bello, pestaggio brutto.
Ma cosa c’è di interessante in questa intervista?
Ti senti il nuovo Duce?
Se per Duce intende capo, condottiero, colui che conduce, ovvero una persona che cerca di “condurre” gli italiani verso un futuro migliore, allora sì, mi sento il nuovo duce.
Il Duce è tornato! Vividdusce! Ed ha a cuore la nazione. Prima di tutto l’italica sicumera: ripristino immediato delle squadracce Guardia Nazionale Repubblicana a supporto della milizia, altro che ronde padane. Poi dimezzare i parlamentari e senatori, dimezzare il loro stipendio ed infine ordine e disciplina!
Qualcuno gli faccia conoscere Beppe Grillo: andrebbero d’accordo.
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Dunque, riassumendo: un vecchio porcello ridicolmente pittato, cammuffato e truccato come un guitto da avanspettacolo, diventato milionario a spese dei propri connazionali attraverso oscure connections, incapace di tollerare anche la minima opposizione alla propria stizzosa prepotenza, dotato di televisioni e giornali sotto controllo governativo che cantano la sua gloria e azzannano i suoi avversarsi a comando, cinicamente capace di esibire per il pubblico una devozione religiosa che si guarda bene dal praticare in privato, arriva a Roma circondato da legioni di smandrappone per (e)scortarlo e intrattenerlo e per sparecchiare qualche altro milione dalle nostre tasche in cambio di qualche nocciolina regalata alle scimmiette italiane per far contenti i beduini dei suoi media che le spacciano per grandi affari. Nei prossimi giorni, questo grottesco, ma ricchissimo satrapo, da anni oggetto di ridicolo internazionale, incontrerà Muammar Gheddafi.
Zucconi, sul suo blog di Repubblica
Com’è sagace ed originale questa opposizione, signora mia.
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Che il popolo fatto libero si ritempri nel sentimento della sua dignità e della sua potenza; che la violenza e l’iniquità dell’alto non autorizzino la violenza e l’iniquità del basso; che la paura, questo vergognoso istinto di degradazione e schiavitù, sia sradicata affatto dalla coscienza popolare che si rialza: ecco il sistema di repressione che senza fallo riuscirà; e la pallottola sarà estratta dalla ferita, e la camorra non esisterà più, se non come memoria in quest’opuscolo caduto nell’oblio.
Marco Monnier, 1° Novembre 1862
Nel 1862 Marco Monnier scriveva questo all’interno del suo “La Camorra: Notizie storiche raccolte e documentate” quando in Italia la Camorra era più famosa della mafia, Cosa Nostra non esisteva ancora e camorre erano definite tutte le forme di delinquenza organizzata. Società segrete finalizzate a far soldi attraverso l’intimidazione da parte di misteriosi esattori appostati lungo le strade, quelle che Monnier definiva adeguatamente “estorsione organizzata”.
Negli anni le organizzazioni criminali si sono radicate, evolute, spostate dal Sud al Nord,dalle strade al Parlamento, ma il cuore stesso del fenomeno è rimasto intatto: la paura. Dopo 148 anni non è cambiato molto. Un testo prezioso e puntuale che è caduto, come predisse lo stesso Monnier, “nell’oblio” di un paese congelato da paura, omertà ed interessi personali. Eppure molto più attuali di alcuni editoriali scritti da prestigiose firme lontani anni luce dal comprendere il problema.
[Pubblicato sullo Scaricabile 33 che, ahitutti, è anche l’ultimo che verrà mai pubblicato. RIP Scaricabile.]
Decidemmo di rimetterci a lavoro dopo aver passato due piacevoli ore a visionare le foto delle vacanze estive a Vieste di MMD. Non riuscirò mai più a liberarmi da quell’immagine di un boss sudato in spiaggia, munito di catena con croce dorata al collo e orde di bambini urlanti attorno. Quelle tonnellate di carne flaccida ed appiccicaticcia che vorticavano sullo sfondo – come fossi in un trip di 3,4-metilenediossimetamfetamina e mescalina – mi fecero pensare che in realtà non siamo poi così diversi.
Anche un boss soccombe alla triste routine estiva di borsoni, sedie a sdraio e tette settantenni penzolanti. Chi non vorrebbe far saltare in aria qualcuno dopo una settimana così?
Il Piano Marketing prevedeva una serie di operazioni a breve e lungo termine atte a rivitalizzare l’identità del brand e la reputazione aziendale. Una successiva operazione sarebbe servita a superare la concorrenza e tornare sulla scena internazionale in qualità di Top Of Mind tra i consumatori per quanto riguarda il settore commerciale “Associazioni a delinquere di stampo mafioso”.
A livello internazionale avevamo un grosso peso nel G5, ma internamente avevamo alle costole giovani aziende come la Cam[Omissis] e la ‘ndran[Omissis] che minavano la nostra supremazia territoriale. Con atteggiamenti veramente maleducati e poco ortodossi, anche se efficienti. Il Piano Marketing prevedeva, una volta andati al governo, una lunga serie di arresti tra le file delle altre aziende in maniera da rafforzare gradualmente anche la nostra Brand Awareness. La crisi economica successiva alla caduta del muro di Berlino fece disperdere degli accordi import/export e succursali interne – franchising – con il fallimento dell’azienda “Democrazia Cristiana”.
Il primo punto del Piano Marketing era quello di riallacciare quei rapporti. Si decise di cercare tra i ricchi facoltosi che erano pesantemente in debito con noi e che non avrebbero potuto rifiutare un accordo con i nostri agenti commerciali. Doveva avere capacità finanziaria, ma soprattutto un controllo quasi totale sui mezzi di comunicazione di massa per poter riutilizzare con efficacia quella che, negli anni ’20, funzionò a perfezione: la calvizie. Ma anche la Propaganda.
Nel 1994 trovammo il brand istituzionale adatto. Dopo il successo delle fasi operative di guerrilla marketing del ’92 e ’93 anche il brand Magistratura ebbe un calo del consenso interno, lasciando strada spianata ai nostri Account per vendere il prodotto – fittizio – chiamato Forza [Omissis]: una sorta di merendina con il buco dentro, fuori e tutt’intorno.
Una volta completato il lavoro ci stringemmo tutti la mano in segno di cortesia e di accettazione degli accordi, ma un brivido mi penetrò dall’ano spezzandomi in due la spina dorsale. Uno degli scagnozzi che erano rimasti impalati sulla porta mi fece un impercettibile cenno con la testa che aveva un solo significato: dovevamo andare fuori.
Fu lì che si decise che Executive Creative Director ed il Direttore del Settore Ricerche avevano ascoltato sin troppo di quelle decisioni prese là dentro. Servivano soltanto come copertura nei miei confronti e come manovalanza per la redazione dei dati statistici/commerciali di nostro interesse. Dalla loro giovialità ed ingenuità iniziale si poteva capire perfettamente che non avessero l’intelligenza adatta per capire che non avrebbero dovuto mai accettare, mai sapere, mai invischiarsi in una cosa di questo tipo.
Guardai da lontano i tre scagnozzi prendere sottobraccio l’Executive Creative Director ed il Direttore del Settore Ricerche che iniziarono ad essere visibilmente preoccupati di quello che stava accando a loro ed attorno a loro. Non ebbero più la possibilità di preoccuparsi una volta legati.
Accesi la mia prima sigaretta della giornata e li guardai da una certa distanza, con mani e piedi legati da una spessa fune ed attaccati a due ganci su un montacarichi. Un vecchio metodo per far sparire le persone.
Li guardai sprofondare lentamente in quello che non era cemento vivo, ma merda.
Dieci tonnellate di merda grumosa e liquida, nauseabonda da farti uscire gli occhi dalle orbite e farti vomitare ostriche e champagne sulle scarpe di vero cuoio italiano. Fu lì che vidi l’Italia.
Sprofondare sotto tonnellate di merda, per scelta di un manipolo di persone miserabili come me.
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scritto da Anna Pacifica Colasacco aka MisKappa. Immagine da Addrox su Flickr
Ieri mi ha telefonato l’impiegata di una società di recupero crediti, per conto di Sky. Mi dice che risulto morosa dal mese di settembre del 2009. Mi chiede come mai. Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato la mia casa e non vi ho più fatto ritorno. Causa terremoto. Il decoder sky giace schiacciato sotto il peso di una parete crollata. Ammutolisce. Quindi si scusa e mi dice che farà presente quanto le ho detto a chi di dovere.
Poi, premurosa, mi chiede se ora, dopo un anno, è tutto a posto. Mi dice di amare la mia città, ha avuto la fortuna di visitarla un paio di anni fa. Ne è rimasta affascinata. Ricorda in particolare una scalinata in selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio. E mi sale il groppo alla gola. Le dico che abitavo proprio lì. Lei ammutolisce di nuovo. Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia città oggi.
Ed io lo faccio.
Le racconto del centro militarizzato. Le racconto che non posso andare a casa mia quando voglio. Le racconto che, però, i ladri ci vanno indisturbati. Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire. Le racconto dei soldi che non ci sono, per ricostruire. E che non ci sono neanche per aiutare noi a sopravvivere. Le racconto che, dal primo luglio, torneremo a pagare le tasse ed i contributi, anche se non lavoriamo. Le racconto che pagheremo l’i.c.i. ed i mutui sulle case distrutte. E ripartiranno regolarmente i pagamenti dei prestiti. Anche per chi non ha più nulla. Che, a luglio, un terremotato con uno stipendio lordo di 2.000 euro vedrà in busta paga 734 euro di retribuzione netta. Che non solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo subito tutte quelle non pagate dal 6 aprile. Che lo stato non versa ai cittadini senza casa ,che si gestiscono da soli, ben ventisettemila, neanche quel piccolo contributo di 200 euro mensili che dovrebbe aiutarli a pagare un affitto. Che i prezzi degli affitti sono triplicati. Senza nessun controllo.Che io pago ,in un paesino di cinquecento anime, quanto Bertolaso pagava per un appartamento in via Giulia, a Roma. E tutti sanno quanto può arrivare a costare un affitto a Roma. La sento respirare pesantemente. Le parlo dei nuovi quartieri costruiti a prezzi di residenze di lusso. Le racconto la vita delle persone che abitano lì. Come in alveari senz’anima. Senza neanche un giornalaio. O un bar. Le racconto degli anziani che sono stati sradicati dalla loro terra. Lontani chilometri e chilometri. Le racconto dei professionisti che sono andati via. Delle iscrizioni alle scuole superiori in netto calo. Le racconto di una città che muore. E lei mi risponde, con la voce che le trema. ” Non è possibile che non si sappia niente di tutto questo. Non potete restare così. Chiamate i giornalisti televisivi. Dovete dirglielo. Chiamate la stampa. Devono scriverlo.”
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Qualche giorno fa è circolata insistentemente la notizia di una messa “al bando” della Nutella da parte del Parlamento Europeo. Titoloni allarmistici dei giornali “Al bando la Nutella” (Libero); “I traditori della Nutella” (Il Riformista), pseudo-paladini della rete che decidono di schierarsi con le aziende e non con i consumatori prendendosela con europarlamentari che una volta appoggiavano.
Ovviamente è tutta una bufala.
Giornali e società di promozione – che si occupano sia di un Grillo che di un Ferrero – hanno deciso di prendere per buone le dichiarazioni del Signor Francesco Paolo Fulci, dirigente della Ferrero (“Non potremo fare nessuna pubblicità alla Nutella”) preoccupatissimo per un possibile calo delle vendite.
Nessuno tocca la Nutella, come scrive la stessa Sonia Alfano:
la norma in questione regolamenta le forme di pubblicità dei prodotti alimentari in maniera che i messaggi promozionali di alimenti siano effettivamente coerenti rispetto ai valori nutrizionali e agli effetti sulla salute di tali prodotti.
E’ tutto perfettamente spiegato da Piergiorgio Grossi su Peacelink o da Alfredo Clerici diAltroconsumo NewsFood1.
Ogni tanto anche i presunti Messia devono sottostare alle logiche del mercato.
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[Pubblicato sullo Scaricabile 32. Qui la prima parte. Ci rivediamo in galera.]
MMD ci guardava come si osservano tre mummie in fila: con la stessa curiosità e scetticismo che si hanno pensando a come sia possibile vedere tre mummie in fila, ma con la stessa passione di chi guarda qualcosa già morto da secoli. Il nostro obiettivo di oggi era completamente diverso da quello di quasi 20 anni fa, o perlomeno dovevamo perseguire una strategia di comunicazione meno invasiva ed appariscente. Stavamo passando ad un Marketing più burocratico per conseguire una Brand Awareness del nostro cliente più ragionata e graduale, senza quell’impatto emotivo che potemmo testare negli esplosivi anni ’90.
Ero poco più di un ragazzino quando uscii dalla Bocconi e venni chiamato a lavorare a [omissis]. Ero uno stagista, anche se allora ancora ci chiamavamo ancora apprendisti. Quel primo incarico di un certo rilievo lo ricordo ancora oggi come fosse successo ieri e come se fosse marchiato a fuoco, T4, tritolo, nitroglicerina ed EGDN. E da lì ne susseguirono molti altri. Era quella che avevamo descritto nel Marketing Plan come strategia di fidelizzazione, rivolta principalmente a promozione e posizionamento. Un gioiello.
La mission conclusiva si modificò nel tempo, ma sapevamo già dall’inizio che l’obiettivo dei nostri clienti era quello di spianare la strada ad un nuovo progetto politico che pur non avendo inizialmente un referente preciso, si andava giorno per giorno delineando. Ci dissero chiaramente di fare molto rumore – e solo noi potevamo capire cosa intendessero – per poter allacciare stretti rapporti con i vertici politici di allora, cioè i socialisti e gente “combinata”. Una volta messa in atto la nostra strategia di marketing territoriale la politica si sarebbe sicuramente interessata al nostro Brand, con relative richieste e proposte.
Iniziammo a spingere il Brand il più alto possibile nella curva di segmentazione percettiva del nostro target audience attraverso i soliti mezzi di promozione: cartellonistica, spot, testimonial e bombe per le strade. Tutto come al solito insomma. Ad un certo punto ci comunicarono che il soggetto politico da poter collegare al Brand era stato trovato, faceva parte dell’imprenditoria italiana ed aveva un settore marketing che riusciva ad essere più spietato persino di noi. Così ci inglobarono completamente. La Fin[omissis] e Cosa[omissis] divennero quindi un tutt’uno, soprattutto nella strategia comunicativo/finanziaria, e si gettarono le fondamenta per quella che diventò un grande Brand: Forza[omissis].
Su ordine dei nostri nuovi e vecchi capi dovemmo iniziare una strategia virale molto più pressante ed invasiva: c’era bisogno di spingere in alto i due Brand consorziati, bisognava dare alle due marche una chiara identità distintiva nella mente del consumatore e chiaramente posizionarsi come Top of mind. Bisognava insomma instillare nella mente dei consumatori che l’unico soggetto politico in grado di salvarli era il nostro e che l’unico soggetto criminale in grado di ammazzarli era il nostro. Le due cose con l’andare degli anni iniziarono a confondersi tra loro.
Il budget del settore Marketing di quel tempo strabordava, ce n’era per tutti e tutti volevano dare una mano. Eravamo una squadra unita e mettevamo in pratica tutto quello che ci avevano insegnato alla Bocconi, riga per riga. Gli obiettivi della nostra strategia erano sempre gli stessi infatti: creare consapevolezza, cercando di incrementare il riconoscimento del marchio; ottenere un cambiamento di atteggiamento e percezione dell’importanza degli attributi del prodotto, stimolando la domanda primaria. Ma soprattutto: rinforzare i comportamenti in modo da aumentare la fedeltà del cliente nei confronti della marca.
Oltre a tappezzare le città con cartelloni raffiguranti infanti sfruttati, gadget e volantini, grandi tette in tv, dovemmo occuparci del Viral Marketing più esigente. Scorrevamo le diapositive fatte con i lucidi con titoli tipo Pizzolungo, Capaci, Amelio, Georgofili, Palestro. Soltanto nomi in codice che non avevano alcuna attinenza con la realtà, lo facevamo per capirci tra di noi. Ci occupavamo soltanto di posizionare gli obiettivi della strategia, definendo la target audience: la parte operativa era data in outsourcing a piccole ditte locali. Non sapevamo bene chi fossero, anche se lo scoprimmo molti anni più avanti.
Già nella seconda metà degli anni ’90 la nostra strategia aveva raggiunto tutti i suoi scopi di Brand Awareness: Forza[omissis] era diventato il progetto politico principale e dettava l’agenda setting di tutta Italia. Cosa[omissis] era confluita in Forza[omissis] e vennero colpite soltanto le piccole ditte e lavoratori a progetto che operavano per conto nostro. Ma al tempo stesso avevamo modificato la percezione del nostro target audience: gliel’avevamo messa nel culo con il loro stesso consenso.
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[Pubblicato sullo Scaricabile 31 con le illustrazioni del sempre paziente Ste. E’ la prima parte di tre che formano quella nella mia testa dovrebbe trattarsi di una sperimentazione satirico/letteraria o quello che è, che ovviamente riuscirà male.]
Il giorno in cui fummo portati nel covo eravamo appena usciti dal Focus Group su una merendina al cioccolato. Vennero a prelevarci direttamente dalla nostra sede di Milano, ufficio 148 del Palazzo [omissis] situato in Via [omissis] immediatamente dopo aver lasciato uscire il nostro campione di riferimento designato composto di unità con una griglia demografica poco omogenea, suddivisa per età ed estrazione sociale. Non per sesso, erano tutti maschi.1
Due uomini vestiti completamente di nero ci aspettavano immobili e silenziosi come statue al di fuori della porta a vetri. Li seguimmo verso l’ascensore senza la necessità di ricevere alcun cenno o segnale. Si sentiva un forte odore di pino silvestre misto ad un altro profumo delicato, ma un po’ molesto se respirato in quei 3x3m che dovevamo condividere scendendo dal [omissis] piano dell’edificio. Potevo chiaramente distinguere una punta di cumarina – 1-benzopirano-2-one- inconfodibile aroma utilizzato nel gel per capelli [omissis] lanciato dalla nostra agenzia attraversi i soliti canali promozionali.2
Il viaggio in aereo da Milano Malpensa a Trapani fu molto tranquillo seppur non troppo piacevole a causa di alcune inadempienze da parte delle hostess. Una di loro era senza fiocco d’ordinanza, un’altra con la giacca sbottonata. Fu sempre in aereo che mi accorsi di aver sbagliato, mio malgrado, la scelta dell’orologio da polso da abbinare al mio blazer Armani blu scuro. Avevo scelto quello con il cinturino in pelle di cervo marrone con quadrante in oro, anziché quello con il cinturino di pelle di coccodrillo nero e montatura in oro bianco. Mi portai quel senso di inadeguatezza per tutto il giorno.
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Come volevasi dimostrare è bastato introdurre un argomento diverso all’interno di una trasmissione televisiva ed ora non si parla più di Scajola, della sua casa pagata coi soldi provenienti da probabile (?) corruzione, ma si parla della vicenda D’Alema vs Sallusti.
Spin Doctoring puro, semplice e di basso livello. Sallusti e co. sono pagati per fare quello, da sempre: sviare l’attenzione dall’argomento principale introducendone un altro fazioso e capzioso. Non c’è nessun motivo di entrare nel merito della vicenda di Affittopoli tirata fuori da Sallusti: risale al ’95, è morta, sepolta ed assolutamente irrilevante. Ed infatti il problema, come sanno benissimo Sallusti e Feltri, non è il merito, ma il metodo. La non-notizia diventa notizia, cavalcata da tutti i media, quindi dall’opinione pubblica. E Scajola? Sparito.
Solito rapporto annuale stilato da Freedom House sulla libertà di stampa nel mondo e l’Italia, come ormai da molti anni, risulta ancora nella fascia “Parzialmente liberi”. Ma c’è una nota positiva: se l’anno scorso venivamo classificati al 73° posto, quest’anno siamo al 72° assieme al Benin, Hong Kong e India, ma sotto – per dire – alla Corea del Sud che è invece considerata “Libera”. (Qualcuno ha scritto 96° posto, ma non si capisce il perché.)
Nell’analisi introduttiva a quello che sarà il rapporto ufficiale ed esteso all’Italia vengono dedicate poche parole e riguardanti, ovviamente, sempre Lui.
In Italy, a country with a Partly Free ranking, conditions worsened as Prime Minister Silvio Berlusconi clashed with the press over coverage of his personal life, leading to lawsuits against both local and foreign news outlets as well as the censorship of critical content by the state-owned broadcaster
Giornalista, web designer e pubblicitario. Da blog di protesta negli anni in cui i blog andavano di moda, questo spazio è diventato col tempo uno spazio di riflessione e condivisione. Per continuare a porsi le giuste domande ed informare se stessi.