Ecco, dalla parte della ragione a passare dalla parte del torto è un attimo. Non si può lasciare una questione così importante in mano a questa gente. C’è poco altro da dire.
di Camerata Stizza su Propaganda il 7 Dicembre 2011, 16:54
Questo post fa parte di una particolare serie legata al gioco d’azzardo
La storia delle lotterie e dei primordiali giochi d’azzardo si ritiene abbia inizio con l’imperatore cinese Cheung Leung. È una storia ormai famosa e forse in qualche modo tramandata in forma di mito, una leggenda che ha circa due mila anni: il generale della zona geografica che ora è la Cina chiamato Cheung Leung si imbattè in una sanguinosa guerra che rischiava di minare le fondamenta del proprio esercito. La gravosa necessità di denaro per alimentare le forze militari portò il generale Cheung Leung ad inventare la prima vera e propria lotteria della storia: in definitiva attraverso il gioco di quello che si chiamava “Keno” riversò sulla popolazione i costi della guerra. La lotteria (e per estensione i giochi con monopolio) come modo per fare cassa da parte di uno stato. C’è qualcosa che suona familiare, no?
Torniamo ad oggi. In questo periodo di grave crisi finanziaria, di aumenti e di tagli uno dei settori che si trova in continua ascesa economica è proprio quello dei giochi. In definitiva secondo i dati di Agipronews il settore dei giochi chiuderà il 2011 con una raccolta di 75 miliardi di euro e vincite pari a 54 miliardi: un aumento degli incassi, in termini assoluti, di circa 13 miliardi dal 2010 (61,5 miliardi) e quindi del 21,6%.
Il 55% degli incassi totali proviene dalle new slot machine e dalle videolotterie da bar (41,2 miliardi), che hanno consentito un aumento della raccolta complessiva in senso assoluta di 9 miliardi. Una nuova infornata di giocatori di professione che cercano, invano, fortuna alle macchinette da bar e nel frattempo contribuiscono a portare ulteriori soldi al fisco che infatti, ringrazia.
Sempre da Agipronews però si viene a sapere che il vero anno record è stato registrato dal gioco on line con gli skill games ed i giochi di poker, registrano una crescita percentuale del 124%. In calo ci sono stati il SuperEnalotto, forse per la sua natura di gioco difficile da vincere, e l’incomprensibile Win For Life.
Quest’ultimo nato per finanziare la ricostruzione dell’Abruzzo (la storia dell’imperatore cinese, ricordate?) ora è passato dai 600 milioni dello scorso anno ai 285 milioni del 2011 (-52,4%).
Per il trend è ipotizzato un ulteriore aumento per il 2012, stimato attorno ai 90 miliardi, soprattutto grazie al considerevole aumento dei giochi online. A cui, va ricordato, bisogna prestare sempre la massima attenzione andando soltanto verso enti certificati.
Commenti disabilitati su Giochi: 75 miliardi non sono abbastanza
Di Equitalia avevo parlato qualche giorno fa consigliando una lettura molto interessante, dato che del “mostro” Equitalia si parla molto poco. Rubo un verso di Majakovskij – travisandolo un po’, è vero – in cui infatti si parla della rivoluzione d’Ottobre. Quindi c’entra fino a un certo punto.
In questi giorni si sta parlando molto di più dell’ente concessionario unico per la riscossione tributaria grazie alle mobilitazioni di Casa Pound in vari sit-in di protesta e banchetti che portano avanti una proposta di legge atta a fermare Equitalia, o perlomeno a mitigarne i poteri. Uno dei problemi è: si può essere d’accordo con Casa Pound? Un centro sociale d’ispirazione fascista? Avrebbero torto a prescindere, ma in questo caso no: hanno ragione loro. Poi come dico sempre, seguite le fonti d’informazione che vi vengono proposti e fatevi una vostra idea, al netto dei pregiudizi.
Per capire un po’ meglio cos’è, cosa fa e perché andrebbe fermata Equitalia prendo in prestito un brano di Geopoliticamente
“C’è chi l’ha definita l’istituzione più temuta del Paese. Si tratta di Equitalia, ente concessionario unico per la riscossione. Essa è una società per azioni, partecipata al 51% dall’Agenzia delle Entrate e al 49% all’Inps, e dal 1° ottobre 2006 ha sostituito i 40 enti preesistenti, tra istituti bancari e privati, divenendo unico l’esattore fiscale in Italia (con la sola eccezione della Sicilia). Il tutto in nome di una semplificazione, riduzione dei costi e lotta all’evasione fiscale.
Il passato governo Berlusconi, nella sua duplice palese incapacità di programmare l’uscita dalla crisi e di risanare le finanze pubbliche, ha pensato bene di concedere pieni poteri all’agenzia in questione per rimediare liquidi dall’esazione presso i contribuenti. Tremonti aveva assegnato l’obiettivo 13 miliardi per la prossima raccolta fiscale. Dopo vari rinvii e altrettante rivisitazioni di provvedimenti contenuti in decreti mai portati a termine, e a prescindere dalle manovre finanziarie più o meno spericolate dell’ultima estate, in ottobre il governo ha previsto una serie di misure che dà al Fisco poteri mai visti.”
La notizia del giorno è l’arresto del boss dei casalesi Michele Zagaria, latitante da 16 anni. Il titolo del post sono le parole che ha pronunciato – dicono i procuratori – al suo arresto. Gli fa in qualche modo eco Piero Grasso dicendo che “si è certamente tagliata la testa dei Casalesi, l’unica rimasta dopo l’arresto di Antonio Iovine”. Ma da qui a dichiarare la vittoria dello Stato ce ne passa. Qui sotto un po’ di link per approfondire.
Un pezzo del sempre ottimo Roberto Galullo, proprio di ieri, in cui si parla di Michele Zagaria e del traffico di slot machines. Un argomento di cui parliamo spesso ultimamente.
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Tanto per chiudere definitivamente la questione aperta nel precedente post dedicato al maledetto comma 29 segnalo questo articolo dell’avvocato Daniele Minotti in cui si chiarisce una volta per tutte cosa succederà ai blog e alle realtà non professionali con l’emendamento Cassinelli. Non sarebbe successo comunque nulla, ma l’emendamento mette una pietra sopra a tutto il vociare ingiustificato dei giorni scorsi, susseguente soprattutto al curioso sciopero di Wikipedia Italia.
[…]vorrei fare una piccola precisazione. Io sono tra quelli (pochi, però aumentati di numero, ultimamente) che pensavano che ogni emendamento fosse superfluo. Ciò perché quell’estensione dell’obbligo di rettifica era posta pur sempre all’interno di una legge – la 47/48 – riguardante (esclusivamente) la stampa; sicché a questa e soltanto a questa si sarebbe potuta applicare e non ai siti amatoriali.
Questo anche per rispondere a quelli che mi hanno scritto mail con epiteti tipo “fascista” o “filo-goverrnativo” (lolwut) solo perché ero tra quei “pochi” che sosteneva esattamente quanto sopra.
La vicenda relativa allo sciopero di Wikipedia Italia è di una noia mortale, così come la spiegazione di ciò che è vero e di ciò che è meno vero. Cercherò di essere il più conciso possibile.
La protesta di it.wiki parte da una presa di posizione che già di per sé esulerebbe dal carattere di universalità che si autoimpone Wikipedia, prendendo come vessillo per la propria protesta il comma 29 del cosiddetto DDL sulle intercettazioni, ma soprattutto non entrando nel merito della questione. Anzi, nella discussione si parla più che altro del metodo (“massimizzare la visiblità della protesta”, “impatto mediatico”, “un segnale forte” e via dicendo).
Partiamo subito dal fatto che quella norma specifica è già stata ridimensionata
L’obbligo di rettifica entro 48 ore rimane quindi solo per i siti di informazione registrati ai sensi della legge sulla stampa. Niente obbligo per i blog.
Più che ai blog bisognerebbe riferirci a siti generici, o comunque a tutti quei siti informatici non registrati come testate giornalistiche. Quindi anche a it.wiki, tanto per chiarire.
Ma questa situazione ci sarebbe stata anche prima. Quel comma 29 andava a modificare l’art.8 della legge n.47 del 1948 che è, per l’appunto, una legge sulla stampa. Ciò che quel comma andava – e va – ad aggiungere erano e sono le testate e periodici online, riunendole a quelle cartacee. Si può discutere del fatto che la dicitura “siti informatici” poteva risultare un po’ fumosa e passibile di interpretazioni controverse, va bene, ma dato che la legge 47 va letta nella sua interezza (partendo dall’inizio quindi) le possibilità che un qualsiasi blog/sito/wiki potessero venire accomunati all’interno di una legge che definisce i termini della “stampa” erano molto scarse.
End of story. Possiamo parlare d’altro direi.
Ad esempio il fatto che il bavaglio verso i giornalisti, quelli veri, esisterà per davvero.
p.s. per coloro che ancora leggono qua sopra, se ne può discutere meglio nei commenti, capisco di essere stato un po’ disordinato nell’esposizione
Mi scrivono in mail i ragazzi di Putrefiction “un blog di satira, commedia e umorismo a tutto tondo” realizzato da otto ex-studenti di cinema appena diplomati.
Dicono che sarebbero – addirittura – onorati di venir segnalati qua sopra, chi siamo noi per negarlo? I ragazzi son bravi e la loro serie “Squadristi” promette bene. Qui sotto la prima puntata.
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La cosa più interessante in relazione al declassamento dell’Italia da parte di Standard&Poor è che se Berlusconi vuole evitare ulteriori perdite azionarie per le proprie aziende – mediaset ha il peggiore ribasso di oggi nell’indice Ftse Mib, -1,61 – deve sperare che Berlusconi se ne vada.
C’era una volta un PDF satirico chiamato Scaricabile che dopo la sua dipartita al numero 33, come gli anni di Cristo, si è trasformato in un sito di satira online: Bile. non è satira, è peggio. Al progetto Scaricabile/Bile nei suoi vari processi e passaggi ho dedicato molte risorse mentali, temporali e financo economiche (sic et simpliciter) tant’è che credo di aver accumulato un credito in bevutepagate tale da farmi accettare anche nel circolino degli amici veneti.
I più cattivi della satira italiana online sbarcano ora anche offline grazie all’immacolata concezione del libro – cartaceo! – The Holy Bile – Scritti e fumetti per masochisti dissidenti (qui l’annuncio dell’uscita ufficiale) scritto e soprattutto disegnato dalle persone meglio che ci sono sulla piazza. Vien da sé che il libro non è gratuito, ma costa come una bevuta + un pacchetto di sigarette quindi non avete scuse. Fino a prova contraria il Bile non provoca il cancro, anche se ci sono studi commissionati dalla Sipra e da Publitalia ’80 che dimostrano il contrario.
Per i pochissimi aficionados rimasti di questo sito vi dico che no, non è una marketta rivolta all’autopromozione, perché nel libro non c’è niente di mio. Anche se leggendomelo tutto in una sera ho potuto notare dei richiami ad idee esposte e scritte in passato con l’allegra brigata satirica.
Nota di merito a Maurizio Boscarol che secondo me è sempre il migliore, anche se quando gliel’ho detto a voce mi ha accusato di piangeria come Saccà. Poi vabbè, bravi tutti, applausi, squisitezze e via dicendo.
P.s. L’assenza di Volpe è imperdonabile. Spero vi scagli addosso una renna.
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Segnalazione tardiva per coloro che non hanno potuto leggere Internazionale cartaceo o non sono passati dal sito. In dieci anni la cultura del marketing e del branding si è evoluta, affinata ed ha continuato ad ingurgitare tutto. Compresi gli Stati Uniti, intesi come governo.
No logo dieci anni dopo
La cultura delle multinazionali non governa solo i centri commerciali. Detta legge a Washington e alla Casa Bianca. E ha creato un presidente-marchio che produce gadget e false speranze. Il cambiamento deve venire dal basso.
Nel maggio del 2009 la vodka Absolut ha lanciato una nuova serie limitata: no label, senza etichetta. Kristina Hagbard, la responsabile delle pubbliche relazioni dell’azienda, ha spiegato: “Per la prima volta abbiamo il coraggio di affrontare il mondo completamente nudi. Presentiamo una bottiglia senza etichetta e senza logo per veicolare l’idea che l’aspetto esteriore non conta, l’importante è il contenuto”.
Qualche mese dopo anche la catena di caffetterie Starbucks ha inaugurato il suo primo negozio senza marchio a Seattle, chiamandolo 15th Avenue E Coffee and Tea.
Questo “Starbucks nascosto”, come lo chiamavano tutti, era arredato in uno stile “originale e unico”. I clienti erano invitati a portare la loro musica preferita da trasmettere nel locale e a far conoscere le cause sociali a cui tenevano di più: tutto per contribuire a creare quella che l’azienda ha definito “una personalità collettiva”. I clienti dovevano sforzarsi per riuscire a trovare la scritta in piccolo sui menù: “Un’idea di Starbucks”. Tim Pfeiffer, uno dei vicepresidenti dell’azienda, ha spiegato che, a differenza dello Starbucks che occupava prima gli stessi locali, quello era “proprio un piccolo caffè di quartiere”. Dopo che per vent’anni aveva cercato di mettere il suo logo su sedicimila punti vendita in tutto il mondo, Starbucks stava cercando di sfuggire al suo marchio.
In questa sonnacchiosa estate non ho avuto neanche il tempo per dire che la morte di Giuseppe D’Avanzo è e sarà una perdita incolmabile per il giornalismo italiano. Non c’è altro da dire.
di Camerata Stizza su Propaganda il 28 Luglio 2011, 10:02
Questo post fa parte di una particolare serie legata al gioco d’azzardo
Il 18 luglio sono stati legalizzati in Italia i giochi di casino online, ed il poker cash game. Nel primo caso sono quindi nati i primi casino online aams, casino sicuri, provvisti di regolare licenza per operare nel mercato del gambling del nostro Paese, mentre nel secondo si tratta della modalità di poker diversa dal torneo, nella quale si siede al tavolo non con un buy-in fisso e dei premi in palio in base al piazzamento ottenuto, ma si acquistano le chips per puntare soldi veri, e si vince di volta in volta l’ammontare del piatto, con la possibilità di lasciare il gioco in qualsiasi momento, e questo vale al blackjack come alle future, ancora non disponibili, slot machine online aams.
In Italia però c’erano già moltissimi giochi a premi, come gratta e vinci, lotterie, scommesse sportive, giochi di abilità, slot machine e video poker dal vivo, ed a conti fatti le spese degli Italiani nel mercato del gambling sono alle stelle, e non tutti sono in grado di controllare il proprio impulso ed a giocare in modo responsabile.
Il quadro dei giochi a premi in Italia è ben descritto dal libro di Carlotta Zavattiero, “Lo stato bisca” dove si parla del ruolo ricoperto dallo stato italiano, che dopo aver bombardato la gente con slogan che invogliano al gioco, promettendo vincite facili, ha compiuto un altro passo avanti, con la legalizzazione dei casino online e del poker cash.
Purtroppo alcune persone, una ristretta minoranza al momento, composta soprattutto da chi ha difficoltà economiche, tentano di risolvere i propri problemi giocando, sperando in qualche vincita importante che permetta loro di cambiare vita, senza pensare al fatto che le probabilità di vincere sono tutt’altro che alte, specie nei casi di premi particolarmente ricchi.
“Vincere è facile” recita lo slogan, ma la verità è ben diversa, e di fatto a vincere non sono i giocatori, ma i concessionari, unica categoria che trae veramente vantaggio dal mercato dei giochi; nemmeno lo stato fa un affarone con questo mercato, perché buona parte delle entrate nelle casse dell’erario, vengono poi reinvestite nell’assistenza a tutti quei casi di giocatori problematici, che finiscono per indebitarsi, rubare o sfasciare la famiglia, per colpa della dipendenza dal gioco.
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di Camerata Stizza su Propaganda il 26 Luglio 2011, 10:26
Questo post fa parte di una particolare serie legata al gioco d’azzardo
Il modo di affrontare la questione del gioco d’azzardo online da parte dello stato italiano non è stato sempre chiarissimo, infatti se in un primo momento il comitato antiriciclaggio della commissione parlamentare Antimafia ha lanciato l’allarme affermando che il gioco d’azzardo potrebbe arricchire la criminalità organizzata, successivamente ha finito col procedere con la legalizzazione dei casino italiani online e del poker cash game.
Non tutti sono convinti che questo sia ciò che è meglio per il Paese, anche se pochi si illudono che sarebbe sufficiente affrontare nel modo giusto la questione del gambling per risollevare una situazione decisamente tutt’altro che positiva, in cui l’Italia versa insieme ad altri Paesi da alcuni anni ormai.
Lo slogan dell’AAMS, Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato recita “Gioco legale e responsabile”, ma se sul fatto che sia legale e controllato non ci sono dubbi, ne restano un po’ sulla questione della responsabilità, dal momento che sempre di gioco d’azzardo continua a trattarsi, regolarizzato o meno che sia.
E per tracciare un quadro più completo sarebbe necessario ricordare che in Italia il settore dei giochi a premi è già più che ben sviluppato, con lotterie, gratta e vinci o slot machine di qualità che da soli fatturano somme da capogiro, ma adesso ci si aspetta un forte incremento delle somme destinate al gioco da parte degli Italiani che potranno scommettere ai casino online legali direttamente da casa, comodamente seduti al proprio pc.
Adesso, a partire dal 18 luglio si può giocare a poker in modalità cash game, con puntate che vanno da un minimo di 50 centesimi ad un massimo di 1.000€. Questa modalità prevede che ci si sieda al tavolo da gioco con una certa somma di denaro in chips; non si paga un buy-in fisso per iniziare, e non si vince solo quando tutti gli altri sono stati eliminati, ma si resta a giocare fino a che se ne ha voglia, vincendo somme di denaro pari al valore dei piatti che ci si aggiudicano di volta in volta, proprio come nel “poker vero” come annuncia lo stesso sito di Lottomatica.
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Una curiosità giornalistica relativa alla ciclica proposta di “Abolizione delle Province” avanzata da più parti politiche è che l’idea era già presente nel famigerato ed eversivo “Piano di Rinascita Democratica” della Loggia P2.
Esattamente nel capitolo MEDIO E LUNGO TERMINE, Provvedimenti Istituzionali, a2) Ordinamento del governo punto V.
V – riforma della legge comunale e provinciale per sopprimere le provincie e ridefinire i i compiti dei Comuni dettando nuove norme sui controlli finanziari;
Ancora più curioso è il fatto che la proposta venga ancora portata avanti da Italia dei Valori e pensatori/giornalisti affini senza, ovviamente, mai menzionare la spaventosa Loggia massonica di Licio Gelli, mentre quest’ultima venga invece tirata in ballo come allarme eversivo ad ogni proposta politica “altra”.
“Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato col nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l’albero o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo là. Non ha importanza quello che si fa, diceva mio nonno, purché si cambi qualche cosa da ciò che era prima in qualcos’altro che porti poi la nostra impronta. La differenza tra l’uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta nel tocco, diceva. Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato, su quel prato; ma il vero giardiniere vi resterà per tutta una vita.”
Citazione usata ed abusata, me ne rendo conto dopo averla trascritta. Doveva essere un primo approccio di trivia letterario per il futuro, ma così è veramente troppo easy. Maledetto www.
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E’ morto, dopo essere stato rapito, Vittorio Arrigoni.
Vittorio era il fondatore di Guerrilla Radio, una fonte d’informazione fondamentale per molti di noi. L’ultima frase che aveva scritto 2 giorni fa sul proprio blog è “Restiamo Umani” – filosofia e titolo del suo libro – dopo aver ricordato la morte di quattro lavoratori.
Dal Piano di Rinascita Democratica della Loggia P2 sequestrato M. Grazia Gelli nel 1982 e considerato dai giudici istruttori la base programmatica per il piano eversivo della Loggia massonica.
# IV – riforma del Consiglio Superiore della Magistratura che deve essere responsabile verso il Parlamento (modifica costituzionale);
# V – riforma dell’ordinamento giudiziario per ristabilire criteri di selezione per merito delle promozioni dei magistrati, imporre limiti di età per le funzioni di accusa, separare le carriere requirente e giudicante, ridurre a giudicante la funzione pretorile;
N.B. La frase del titolo è stata pronunciata da Licio Gelli durante un’intervista con Marco Travaglio
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Siamo a due giorni dalla festa della donna: oggi gli extracomunitari, per lo più clandestini, acquistano cartoni di mimose che rivenderanno a mazzetti lungo i semafori o per la città e in provincia: Legnano, Busto Arsizio, Gallarate, Bollate, e poi Como e Varese. Un volume d’affari di milioni di euro. Un cartone di sei mazzetti di mimose (per un totale di un chilo di fiori) ha un costo, qui all’ingrosso, che varia dai 22 ai 25 euro l’uno. Verrà rivenduto, nella distribuzione, a una media di 70. Nelle prime ore, Linkiesta ha verificato che la vendita avviene in nero. Poi si sparge la voce che è in arrivo la Guardia di Finanza per effettuare i controlli e i grossisti iniziano a emettere lo scontrino fiscale.
Un ottimo reportage de Linkiesta a cura di Paola Bacchiddu in collaborazione con Sos Racket Usura. Quando comprate il vostro mazzetto di mimose pensateci, sarebbe stato meglio comprare 10 grammi di coca.
Commenti disabilitati su Il racket delle mimose. Auguri, donne.
di Camerata Stizza su Propaganda il 22 Febbraio 2011, 15:56
Franco Frattini nella sua nota ministeriale sugli eventi in Libia – oltre ad evitare bellamente di parlare dei morti e dei bombardamenti messi in atto sui civili – si avvita su se stesso annunciando che “NON DOBBIAMO ESPORTARE DEMOCRAZIA MA SOSTENERLA”. Non sarebbe rispettoso dell’indipendenza del popolo libico – che invece scende in piazza proprio per ottenerla – e soprattutto della sua ownership. La ownership che stiamo difendendo in quanto italiani è invece quella di Gheddafi, non del popolo libico.
Non dobbiamo esportare la democrazia. Esattamente come in Iraq ed Afghanistan.
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Qualcuno dica a De Giorgi che le ricerche fatte da parte di Libero e Dagospia fanno tutte quante parte di ciò che un giornale dovrebbe fare quotidianamente. In particolare il “mettere in difficoltà il senatore Monti e la sua lista, tentando di mettere in evidenza presunte contraddizioni” è esattamente ciò che in buona parte descrive quel tipo di giornalismo: nel caso di Libero di area conservatrice – ed ovviamente con interessi di parte – nel caso di Dagospia di gossip. Va solo aggiunta una cosa: se questo tipo di ricerche venisse fatto in maniera non selettiva, ma sistematica, non dovremmo neanche star qua a sottolinearne la normalità.
Dal mio personalissimo punto di vista vedo il problema esattamente al contrario: la questione è che noi giovani siamo costretti anche sin troppo a NON essere “choosy”. Siamo in realtà costretti ad arrangiarci a fare quel che capita, sia per pagarci gli studi e le spese, sia quando siamo ufficialmente nel mercato del lavoro. Si fanno i camerieri, i baristi, gli agricoltori, i CALL CENTER – rigorosamente a nero – guardandoci intorno – come dice la Fornero – in attesa e con la speranza di poter fare il “nostro” lavoro. Potremmo permetterci il lusso di essere schizzinosi solo se ci fosse una pletora di alternative e possibilità reali. Non parlo di stabilità, la mobilità se – se supportata da misure di ammortizzazione – può anche essere un valore, ma ci facciamo già il mazzo così e non abbiamo nessuna prospettiva. Almeno il sangue lasciatecelo, quello non possiamo darlo.
Dal blog di Nicola Mattina leggo di questo corso in Open Data Journalism che ha “l’obiettivo di formare reporter e comunicatori in gradi di ottenere e accedere ai dati di interesse pubblico in formato aperto e utilizzare le tecniche del data journalism al fine di produrre reportage, analisi giornalistiche, dossier e infografiche”. Sul sito tutti i dettagli su costi, durata e criteri di ammissione. Bisognerebbe provarci.
Breve segnalazione altrimenti i miei compari di sventura su ImpattoSonoro mi fucilano. Abbiamo stilato la nostra personalissima classifica dei migliori dischi italiani del 2011. Andate e criticate. L’importante poi è darci un ascolto, perché c’è tanta bella roba. E non dite a Vinz che la grafica del banner fa cacare, sennò si offende.
Sul sito della UAAR è disponibile in download gratuito il libro illustrato “Quasi quasi mi sbattezzo” di Alessandro Lise e Alberto Talami per Becco Giallo. Un regalo natalizio, che estendo ai lettori del blog.
Era necessaria un po’ di chiarezza. Consiglio la lettura di questo articolo per farsi un’idea più dettagliata su cosa si andrà a votare, al di là degli schieramenti.
Grande risalto alla falsa denuncia di Pontifex a Nanni Moretti, Domenico Procacci e Fabio Fazio per il film “Habemus Papam”. Ovviamente una bufala, passibile essa stessa però di denuncia. Il rischio principale è che poi quelli di Pontifex non possano più scrivere. Sarebbe un peccato.
Giornalista, web designer e pubblicitario. Da blog di protesta negli anni in cui i blog andavano di moda, questo spazio è diventato col tempo uno spazio di riflessione e condivisione. Per continuare a porsi le giuste domande ed informare se stessi.