IRL – Facebook fuori da Facebook

di SKA su La dimanche des crabes il 23 Giugno 2015, 11:52

Diversi anni addietro mi trovavo ad una lezione del corso di sociologia dei nuovi media, che in linea di massima trattava di approcci sociologici per comprendere le interazioni tra le persone attraverso l’utilizzo dei mezzi di comunicazione più recenti. Il che tendenzialmente si riduce a: Internet. In quel momento non c’era ancora il boom degli smartphone, quindi non si parlava ancora dell’internet portatile o addirittura indossabile.
Fui colpito, o perlomeno mi portò a fare delle astratte e disordinate considerazioni, una lunga digressione del professore su ciò che consideriamo “vita reale” e “vita virtuale”: il suo assunto di base era che non ci fosse alcuna distinzione. Le interazioni che avvengono nella cosiddetta vita virtuale sono realizzate da e tra persone in carne ed ossa, ergo fanno parte della vita reale a tutti gli effetti; quello che cambia è solamente il mezzo.

Il tipico adagio sia tra i più esperti che tra i molto poco esperti è che questa distinzione ci sia e che sia anche molto marcata. Ma i due punti di vista sono decisamente differenti, cerco di spiegarmi. I meno avvezzi, più spaventati o semplicemente più lontani da quello che è internet, tendono a semplificare in un generico: su internet ognuno può far finta di essere chi vuole, assumendo identità fittizie, o semplicemente fare o dire cose che in un confronto faccia a faccia non direbbero. Una sorta di girone infernale fatto di false identità e ignavia.

I più esperti delle ‘cose di internet’ la vedono un po’ diversamente. Mi riferisco a coloro che sono cresciuti coi modem a 33.6, poi diventati 56k, esplorando i rapporti sociali dal buio delle proprie camere affacciati nel mondo delle chat testuali su IRC, delle jpg che caricavano in 2minuti, delle bullettin board, delle e-zine, di chi ha conosciuto il vero Napster, ecco: queste persone sanno perfettamente cosa significa l’acronimo IRL.

Non si tratta solo di un acronimo per identificare il concetto di “In Real Life”, ma ha anche un mondo alle proprie spalle quasi inesplicabile. Sappiamo perfettamente distinguere quel nostro Io, con la propria identità più che definita, che si relaziona su internet dall’altro nostro Io che invece si relaziona con ‘la gente’ in carne ed ossa. Di solito quello che ci piace di più è il primo: perché l’abbiamo costruito pezzo per pezzo, perché ci abbiamo messo dentro quello che volevamo e avremmo voluto essere, perché è più facile esprimersi con concetti ragionati piuttosto che doversi districare tra i rovi del disagio interpersonale.
Quella persona timida che va a fare la spesa in maniera silenziosa e che spesso non riesce a sostenere lo sguardo di un interlocutore fisico non sarà mai la persona brillante e sagace che riesce ad esprimersi liberamente all’interno di una chat o di un social network. Ovviamente si ragiona per estremi: la generazione di chi è cresciuto dentro internet non è composta da sociopatici. Non esclusivamente, perlomeno.
Tutto questo valeva fino a qualche anno fa (pochi), però.

Ora i social network e gli inseparabili device fanno parte di ogni singolo momento delle nostre giornate – perché sia chi scrive che chi sta leggendo questo breve e confuso testo fa sicuramente parte di quella società borghese e ultra tecnologica che ha vinto nei confronti del resto del mondo impoverito che non ha accesso a tutto questo. E non possiamo far finta che non sia così: tu che ora stai leggendo hai un PC, un tablet o uno smartphone. O probabilmente tutti e tre. Quindi, purtroppo, la demagogia del “ci sono problemi più grandi al mondo” in questo contesto non è sostenibile.
Dicevo : social network e device in ogni momento. Ora le discussioni, le chiacchiere, perfino i cari e vecchi litigi passano per i social e i device, se non addirittura si esauriscono lì dentro. Ora è tutto tremendamente fluido, non abbiamo più neanche gli anticorpi per distinguere IRL/Non IRL perché la massa che è arrivata tramite facebook e twitter, con le proprie condivisioni, i propri pareri non richiesti, le opinioni gratuite su tutto, ci ha tolto anche il fascino di essere protetti nel nostro mondo alternativo della rete. Perché? Perché hanno portato Facebook fuori da Facebook.
Non si riesce a parlare con una persona qualsiasi senza citare o sentire citare ‘cosa è successo / cosa ho visto / cosa ho letto / cosa ho scritto su Facebook o Twitter’. Anche noi stessi in prima persona, pensando ai cazzi nostri, immediatamente ci viene in mente uno ‘status’ sagace da postare, un’opinione vitale ed importantissima da condividere senza il quale il genere umano non sopravviverebbe.
Uno status cinico, ma vago e criptico, con il quale sfogarsi nei confronti di qualcuno o qualcosa. “Salvate quei cani, vi prego!” “Salvate quelle persone dalla guerra!” “Non capite quanto sia grave la situazione, possibile che lo capisca solamente io? Siete tutti degli stupidi!” Ve lo dico dal mio culo flaccido posato su una comoda sedia di pelle! Condividere condividere condividere.
La nuova legge non scritta.
Ragioniamo automaticamente in termini di status, quindi con tutto il meta-linguaggio che ne consegue: lo stile, la sintesi, la costruzione della frase e della punteggiatura – anche quando è estremizzata da punti esclamativi e puntini di sospensione a caso – il tutto per darci un tono. O meglio: per continuare a costruire il proprio Io sia dentro che fuori la rete. Due entità inscindibili che vanno ormai di pari passo, come abbiamo visto, dato che la nostra attività sociale online si ripercuote inevitabilmente anche su quella offline. Ma anche in questa distinzione c’è una fallacia logica: non siamo mai offline.

Ecco che quindi alla fine aveva ragione il mio professore con alcuni anni di anticipo: non c’è alcuna distinzione tra vita reale e vita virtuale, perché ormai si sono fuse senza che neanche ce ne accorgessimo, così presi nel vortice del nostro egocentrismo che neanche riusciamo a ricordarci cosa facevamo prima. Leggevamo libri e giornali? TV? Radio?
Vite fuse insieme con il risultato che a rimanere non sono altro che delle realisticissime teste di cazzo.

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Quel 24 maggio gli stranieri eravamo noi

di SKA su ControInformazione il 23 Maggio 2015, 12:18

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E quindi la Meloni e Salvini vogliono andare sul Piave a celebrare il 24 maggio di 100 anni fa, o meglio il 24 maggio 1915, quando il Regno d’Italia dopo aver dichiarato guerra all’Impero Austro-Ungarico andò all’attacco.
Utilizzano gli slogan che si possono leggere nell’immagine di cui sopra, nonché il più esplicito “OGGI COME 100 ANNI FA. NON PASSA LO STRANIERO!“.

Uno spericolato parallelismo tra la Prima guerra mondiale e i flussi migratori, cercando di fare leva sul patriottismo e l’orgoglio nazionale.

“Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio / dei primi fanti, il 24 maggio”: i fanti italiani, più o meno mezzo milione, in quello sventurato 24 maggio stavano andando all’attacco. Fummo noi ad avanzare e varcare la frontiera ed occupare i territori altrui – il primo a Cervignano del Friuli. Viene da sé che gli stranieri eravamo noi. Se non avete semplici libri di storia a portata di mano, basta rileggervi tutto da qua.

L’Italia fu formalmente alleata di quello che sarebbe diventato il suo nemico, l’Impero Austroungarico, fino al 4 maggio del 1915, cioè appena tre settimane prima della dichiarazione di guerra. Si trattava di un’alleanza piuttosto innaturale, considerato che per tutto il Risorgimento l’Austria era stata il nemico storico del Regno di Sardegna (che poi sarebbe diventato l’Italia unita). Non solo: nel 1915 l’Austria controllava ancora Trento e Trieste, due città che gran parte delle forze politiche del nostro paese consideravano italiane e desideravano annettere, con le buone o con le cattive. Le cose però cambiarono verso la fine dell’Ottocento, quando un cambiamento di alleanze in tutta Europa portò a un ribaltamento dei fronti. Dopo l’Unità, i governi italiani decisero di impegnarsi in una serie di avventure coloniali in Africa, dove il rivale principale dell’Italia divenne la Francia, che aveva moltissimi interessi nel continente africano. Per fronteggiarla, i governi italiani decisero di fare causa comune con i loro vecchi nemici e nel 1882 firmarono un’alleanza difensiva con Austria e Germania (difensiva significava che l’Italia sarebbe entrata in guerra soltanto nel caso che uno dei suoi alleati fosse stato attaccato).

di Davide Maria De Luca de Il Post

L’ingresso dell’Italia in guerra, cento anni fa, fu un atto scellerato, una decisione che comportò una immane strage di giovani italiani, morti, con ogni verosimiglianza, inutilmente. Come noto, fu una guerra di aggressione sostanzialmente gratuita, se non addirittura fedifraga: altro che difesa dei confini! Come dovrebbe essere altrettanto noto, l’entrata in guerra fu decisa con un sostanziale raggiro delle regole (quasi) democratiche del tempo, con una vera e propria truffa ordita contro il popolo italiano, che non solo fu trascinato in guerra a seguito di accordi segreti non approvati dal parlamento, ma che fu anche sottoposto ad una furiosa campagna propagandistica perché avvallasse decisioni ormai prese alle sue spalle. Tra i protagonisti di quello sciagurato maggio che un’odiosa, ipocrita propaganda definì “radioso” vi erano Mussolini e D’Annunzio.

dal pezzo di Matteo Saini su Gli Stati Generali

Da dove viene l’errore leghista? Da una lettura superficiale del testo della “canzone del Piave”. Composta nel 1918, la canzone racconta la storia della guerra – con toni assai patriottici – attraverso alcuni momenti salienti che sono ambientati intorno al corso d’acqua. Che nella realtà fu cruciale solo molto dopo il 1915: nei primi versi della canzone, il Piave è ricordato con una generosa licenza poetica, visto che non fu per nulla centrale nel maggio 1915 (e con una certa dose di forzatura retorica: «per far contro il nemico una barriera» è un gentile eufemismo, visto che «i primi fanti» erano all’attacco).

da Giovanni Zagni de Linkiesta

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#ForsExpo

di SKA su Notizie Commentate il 2 Maggio 2015, 11:27

Non avendo potuto partecipare in prima persona all’inaugurazione di Expo e relative manifestazioni, mi sono dovuto accontentare – come molti altri – di ciò che passano i canali d’informazione e del commento di altre persone. Come succede ormai per qualsiasi evento globale si tratta pur sempre di una percezione della realtà mediata. Se non vivete sulla Luna – o più semplicemente in un posto del mondo che se ne sbatte il cazzo di cosa succede a Milano – saprete già cos’è accaduto durante i cortei di “protesta” con il vessillo di un difficilmente identificabile #NoExpo. I motivi di protesta ci sono e sono persino validi, ma chi ha partecipato alla devastazione – al di là di dietrologie e connotazioni sociopolitiche – non ha la più pallida idea di cosa si sta parlando.

Mentre scorrevo distrattamente ed in maniera annoiata la bacheca di Facebook noto un post di Fabio Chiusi su in cui chiede “Mi segnalate qualche buon articolo sui fatti di ieri, al netto di retorica-propaganda-melassa-indignazionepneumatica? Grazie.” ed effettivamente ha ragione: non ce ne sono. Perché nella “Democrazia del commento e dell’opinione” la cronaca ed i fatti passano in secondo piano, ma soprattutto perché sui fatti di Expo non c’è molto da dire.

Tra le cose più corrette in merito ci sono quelle di Fabrizio Gatti su L’Espresso

Non chiamatela rabbia. Non chiamateli anarchici. Non chiamateli disoccupati. Questi sono fascisti. Sono i soliti professionisti della violenza. Gente dal cuore nero come le divise che indossano.

Chi è venuto per sfasciare tutto non ha argomenti di discussione e di riflesso neanche di interesse giornalistico o democratico, ma solo penale. Delegittima soltanto una più che valida posizione espressa sin dal 2007 dal movimento NoExpo sul quale ci si può informare direttamente dal loro sito.
Parliamo di cementificazione selvaggia, precarietà, debito. Ma anche di una manifestazione che vorrebbe toccare i temi alimentari e della fame nel mondo – Nutrire il Pianeta-Energia per la vita – sponsorizzata da compagnie petrolifere e da aziende alimentari che da sempre sostengono ed alimentano le politiche dell’Agro-Industria, degli OGM, delle monoculture e delle sementi ibride che affamano intere popolazioni per fornire cibo in eccesso ad 1/5 della popolazione globale.

I temi ci sono, le motivazioni pure. I modi dei fascisti restano soltanto atti fascisti.
Fortuna che ci sono persone – ad esempio ad OffTopicLab – che parlano, protestano e discutono dei temi interessanti in maniera civile, ma soprattutto avendo argomenti da proporre.
Quando si parla di NoExpo sarebbe bene parlare di loro. I coglioni parlano da sé.

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Berlusconi prima di Berlusconi

di SKA su ControInformazione il 3 Marzo 2015, 21:00

Nonostante sia passato molto tempo, alcune delle pagine più lette su questo sito sono quelle sulla P2, su Paolo Borsellino, ma soprattutto su Silvio Berlusconi. La “pagina infame” dedicata alla biografia di Silvio Berlusconi, con tutte le dovute e doverose citazioni ed approfondimenti del caso, sembra essere per molti visitatori ancora molto interessante.

In questi giorni mi ha scritto un lettore d’eccellenza, il giornalista e scrittore Mario Guarino – che ringrazio – per ricordarmi che il primo testo (e probabilmente il più importante) sulla persona ed imprenditore Silvio Berlusconi era stato Berlusconi. Inchiesta sul signor Tv (Editori riuniti, 1987, poi Kaos 1994, 1999) scritto a quattro mani con Giovanni Ruggeri, che purtroppo ci ha lasciato nel 2006.

Cito da wikipedia:

La gestazione del libro fu travagliata e circondata da polemiche. Quando fu pubblicato, vendette due edizioni in pochi giorni, per poi proseguire nelle vendite rimanendo nelle classifiche dei best seller dall’inizio di aprile a fine giugno. Gianni Barbacetto su Diario dell’11 maggio 2007 ricorda che Editori Riuniti fu attaccata con una lunga serie di cause civili e penali, e che ci furono pressioni per far scomparire dalle librerie l’opera. Berlusconi secondo Barbacetto avrebbe spinto sul PCI, che indirettamente controllava la casa editrice, per cessare la distribuzione del libro così da non danneggiare gli affari di Fininvest in Unione Sovietica.

L’apposita pagina è stata aggiornata con questa informazione mancante – me ne scuso – e questo ulteriore post cerca di riportare la memoria a quegli anni in cui Mr. B. non era ancora sceso in campo, ma stava già rovinando l’Italia.

Il testo non è purtroppo così facilmente reperibile ad oggi, ma posso fornire dei link:

Berlusconi. Inchiesta sul signor Tv (Kaos, 1994)

BERLUSCONI. Inchiesta sul signor TV (Kaos, 1997 – Cop. Flessibile)

BERLUSCONI. INCHIESTA SUL SIGNOR TV (Kaos, 1997 – Brossura)

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Dove sono finite le parole?

di SKA su La dimanche des crabes il 7 Febbraio 2015, 19:24

Scrivere.
Scrivere.
Quand’è che ho rinunciato a quella costante presenza nel mondo? Le parole scritte sono sempre state come ossigeno, farne a meno equivarrebbe a morire. Eppure. Eppure. Eppure ho smesso, ho lasciato scorrere via le parole in favore di qualcos’altro. Qualcosa che si chiama lavoro, responsabilità, preoccupazioni, ansie. E non è vero che esista la scrittura terapeutica: se stai male, non riesci neanche a pensare. Figuriamoci a scrivere.
Quella che credevo potesse – dovesse – restare l’unica costante, l’unico porto sicuro a cui aggrapparsi, mi è scivolato via lentamente dalle dita. Il malessere può essere – lo è sempre stato – un viatico naturale per sprofondare con penna e calamaio (virtuali) dentro l’abisso della propria coscienza. Scendere fino in fondo per risalire con quello scrigno di emergenze che lo scrittore talvolta non sapeva neanche di avere. O sì, ma non ha ancora affinato gli strumenti per farlo. Per risalire da quel baratro c’è bisogno di caparbia, di tenacia, di tremenda solitudine, di metodo, di dedizione. TEMPO.

Tutto è legato a doppio filo.

Non ho chiuso nessun capitolo dei romanzi iniziati negli anni. Non ho scritto le decine di racconti che ho abbozzato in decine di taccuini. Non ho praticamente più fatto neanche il giornalista. Neanche più il blogger. Le vette più alte arrivano dagli headline ed i body copy di quelle rarissime campagne pubblicitarie che mi passano tra le mani. Poi il nulla.

Il periodare complesso mi sembra essere diventato uno scoglio insormontabile; la punteggiatura arranca e non so più bene quando mettere virgole, punti fermi e punti e virgola. Forse dovrei finire l’ultimo di Houellebecq per re-imparare come si fa. Mi sembra di balbettare e singhiozzare tra le parole senza avere più la capacità di esprimere un concetto di senso compiuto, interrompendomi ogni volta al margine del significato.

Dove sono finite le parole?

Le ho regalate a quella parte di me stesso che ha deciso di non giocarci più, lasciandole in un angolo buio della casa a prendere polvere.
Come un giocattolo vecchio al quale siamo così tanto affezionati che non vorremmo buttare mai, ma con il quale non ci divertiamo più.

P.s. un’interessante lettura sulla solitudine come veicolo per la creatività e la produttività.
Going Solo: The Extraordinary Rise and Surprising Appeal of Living Alone

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Audi A4, la nuova all-wheel-drive e-quattro della casa degli anelli

di Camerata Stizza su Propaganda il 30 Gennaio 2015, 16:14

Oggi parliamo di automobili, che è un argomento solitamente non trattato sul blog. Ma ho ricevuto alcune indicazioni su alcune nuove tecnologie che verranno utilizzate sulla nuova A4 di Audi, in particolare legate all’utilizzo di motori elettrici e quindi abbattimento di consumi ed inquinamento.

La nuova A4 di Audi, che uscirà entro la fine dell’anno, sarà il primo veicolo da strada della casa automobilistica che sarà caratterizzato da un sistema all-wheel-drive basato sul segmento ibrido, denominato l’e-quattro. Il sistema di e-quattro è stato utilizzato da Audi nel suo prototipo Le Mans per un paio d’ anni, per poi approdare, solo negli ultimi mesi, al reparto produzione.

Si tratta essenzialmente di un sistema ibrido a quattro ruote motrici “through-the-road” in cui un motore a combustione interna aziona un asse, mentre il sistema di alimentazione elettrica viene utilizzato per l’altro asse, creando così un sistema a quattro ruote motrici senza la necessità di eventuali semiassi di collegamento. Diverse case automobilistiche offrono già questa tecnologia: tra queste BMW, Peugeot, Porsche e Volvo .

Secondo CAR, il sistema di e-quattro sarà implementato nella variante di A4 High. Il sistema sarà composto da due motori elettrici, uno integrato con il motore – utilizzato per far girare le ruote anteriori – e un altro utilizzato per far girare le ruote posteriori. In questo modo, la vettura avrà ancora una trazione integrale, anche in modalità completamente elettrica.

Se le fonti di energia siano o meno in grado di lavorare in modo indipendente sarà da stabilire in modalità guida. Ricordiamo che il motore classico sarà deputato alla trazione anteriore, quello elettrico potrà funzionare su due o quattro ruote motrici, mentre l’ibrido girerà sulla trazione integrale. La potenza massima arriva ai 408 CV, ma non si esclude uno sviluppo meno potente della versione e-quattro.

I motori elettrici saranno alimentati con una batteria agli ioni di litio, che i proprietari saranno in grado di caricare comodamente a casa tramite una semplice presa a muro. Audi ha pianificato un sistema di ricarica wireless realizzata tramite bobine induttive, ma questa possibilità sarà presente solamente sul nuovo crossover denominato TTQ. Le auto della casa automobilistica degli anelli sono disponibili nelle versioni precedenti sui migliori portali online di auto usate come l’Audi A4.

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La violenza contro i giornalisti (2014)

di SKA su ControInformazione il 7 Gennaio 2015, 13:24

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Sessantasei giornalisti uccisi (cui devono essere aggiunti 19 citizen-journalists e 11 tra operatori e tecnici), 119 rapiti, 40 ancora in ostaggio, 853 arrestati, 178 processati e condannati, 1846 minacciati o aggrediti, 139 costretti a lasciare il loro paese. Il rapporto di Reporter senza frontiere sugli attacchi alla libertà d’informazione nel 2014 racconta un ennesimo anno nero per i giornalisti. Il totale di quelli assassinati negli ultimi 10 anni è arrivato a 720. L’organizzazione non governativa per la libertà di stampa segnala con preoccupazione i metodi barbari di uccisione (come la decapitazione di James Foley e di altri suoi colleghi, non occidentali e per questo sconosciuti), l’aumento dei rapimenti (più 17 per cento rispetto al 2013) e il raddoppio del numero dei giornalisti costretti all’esilio a causa delle ripetute minacce.

Il maggior numero di uccisioni di giornalisti è avvenuto in Siria (15, quasi un quarto del totale). Seguono Gaza (7), Ucraina (6), Iraq e Libia (4). Sei giornaliste sono state uccise in Afghanistan, Egitto, Filippine, Iraq, Messico e Repubblica Centrafricana. Tra i luoghi dove, secondo Reporter senza frontiere, è più pericoloso esercitare la professione giornalistica figurano i territori di Iraq e Siria controllati dallo Stato Islamico, la Libia orientale (da cui sono dovuti scappare 43 giornalisti), la regione del Belucistan in Pakistan, quelle di Donetsk e Luhansk nell’Ucraina dell’est (215 giornalisti minacciati o aggrediti, tanto dai separatisti quanto dalle forze governative, e 47 arrestati) e il dipartimento di Antioquia in Colombia. Quanto alle minacce o alle aggressioni, ve ne sono state anche 134 in Venezuela e 117 in Turchia. La Cina continua a essere il paese col maggior numero di giornalisti in carcere (29), seguita da Eritrea (28), Iran (19), Egitto (16) e Siria (13).

(Riccardo Noury, Corriere.it )

Leggi qui il rapporto completo di Reporter Without Borders

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Dal Totocalcio alle scommesse sportive online: storia breve

di SKA su ControInformazione il 27 Novembre 2014, 13:09

Il mondo delle scommesse sportive è diventato una passione avvincente per milioni di italiani. Fino a dieci anni fa gli amanti del calcio si dilettavano il file settimana con il classico Totocalcio, pratica che ora è stata quasi totalmente sostituita dal successo che hanno avuto le scommesse sportive sul calcio che si possono giocare, per il sollazzo di migliaia di appassionati collegandosi direttamente ad internet tramite computer, tablet e smartphone con l’utilizzo di app sviluppate dagli stessi bookmakers.

Ma quali sono i motivi che stanno alla base del successo delle scommesse online? Il punto principale è, ovviamente, quello della comodità per gli scommettitori di non doversi recare fisicamente in un centro scommesse per effettuare le proprie puntate. Da non sottovalutare, poi, il fatto che oggi è possibile scommettere praticamente su qualsiasi sport come tennis, basket, volley, motori e anche tanti altri sport minori. A queste vanno aggiunte, per gli amanti del gossip, le cosiddette novelty bets, arrivate da pochi mesi in Italia, ma che stanno registrando numeri davvero interessanti. Un esempio interessante di novelty bets – e abbastanza comico a guardarlo dall’Italia – è stata la proposta di scommessa sul nome del primogenito della coppia reale William e Kate. Non solo sport e gossip, però, caratterizzano il palinsesto dei vari bookmakers ma anche scommesse dedicate al mondo della televisione. In questo momento, ad esempio, sul sito di una delle agenzie più importanti del panorama italiano, Paddy Power, troviamo una sezione denominata Speciale Tv in cui sono presenti quote sul talent di Sky X-Factor.

Si sta parlando comunque di un mercato, assente fino a dieci anni fa, che produce oramai un giro d’affari di svariati miliardi di euro, necessitando quindi al tempo stesso di una regolazione ma anche di una promozione, dati gli enormi introiti che potrebbe portare nelle casse degli Stati, in un periodo di recessione mondiale.

In Italia i primi operatori delle scommesse on-line si sono affacciati sul mercato “nostrano” in una situazione di totale mancanza di regolamentazione del fenomeno.
Il governo italiano e l’AAMS, infatti, non avevano ancora considerato il settore delle scommesse on-line, pertanto erano visibili a tutti, senza alcun tipo di censura o blocco, i siti aperti in ogni parte del mondo che si dedicavano a tale attività.

La situazione attuale in Italia vede un grande sviluppo di siti internet dedicati alle scommesse sportive, con una crescita esponenziale del settore.
Ciò è dovuto principalmente alla normativa introdotta dal decreto Bersani che ha contribuito ad una liberalizzazione del settore, la quale esplica effetti ancora maggiori se si limita l’analisi alle sole scommesse on-line.
Il decreto Bersani, infatti, dispone che per le scommesse on-line non serva una concessione come per l’apertura dei punti di raccolta, bastando una semplice licenza, la quale viene concessa a chiunque paghi 300 mila euro e possieda una licenza per attività connesse al gioco, rilasciata dal proprio paese di origine e verificata da un’apposita commissione nominata dall’ AAMS. La normativa Bersani, permettendo di acquisire una licenza con molta facilità, ha portato la grande maggioranza di questi operatori ad abbandonare la strada del contenzioso preferendo investire per acquisire la licenza e mettere on-line un sistema di raccolta di scommesse sportive rispettoso della normativa italiana. Allo stato attuale, infatti, quasi tutti i grandi operatori stranieri hanno inaugurato i loro siti internet di raccolta delle scommesse sportive, i quali sono fisicamente e tecnicamente diversi da quelli, sempre da loro gestiti, residenti su server stranieri e bloccati tuttora dalla normativa AAMS.

Ma quanto ha raccolto l’intero comparto? Qualche dato.

Citiamo alcuni dati disponibili per il 2008: per dare valutazione della situazione italiana basti considerare come le previsioni di crescita dell’intero settore dei giochi e delle scommesse, in base ai primi nove mesi del 2008, davano un incremento dell’ 11%, con una crescita del 54,7% del solo settore delle scommesse sportive. La sola Snai, leader del settore, nei primi nove mesi del 2008 ha raccolto oltre 2,66 miliardi di euro.

E nei primi 9 mesi di questo 2014?

Le scommesse sportive, secondo le stime degli analisti, rappresentano circa il 30% del bilancio totale del settore delle scommesse sportive, quota che sta salendo vertiginosamente ogni anno e che andrà sempre crescendo, soprattutto ora che i siti internet degli operatori stranieri che hanno acquistato una licenza italiana sono entrati a pieno regime,
Parliamo di una cifra esorbitante che si attesta quasi a 3 miliardi di euro facendo registrare un incremento del 14% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Di sicuro avrà influito in maniera positiva il Mondiale 2014 giocato in Brasile che ha di fatto permesso di registrare una raccolta interessante a tutti i bookies nei mesi di giugno e luglio, periodo che normalmente sono piuttosto avari di avvenimenti importanti. Oltre all’avvenimento calcistico più importante per le Nazionali, però, sono state introdotte anche alcune interessanti novità come le scommesse virtuali. Queste ultime si basano su incontri virtuali simulati da computer. Non solo partite di calcio ma anche corse di cani, cavalli e auto. Per questa tipologia di scommessa tutta nuova il boom si è registrato nel mese di novembre quando la maggior parte dei campionati europei più importanti erano fermi.

Il settore delle scommesse on-line sembra essere un’oasi felice all’interno del convulso mondo delle scommesse italiane, essendosi garantito equilibri e stabilità grazie ad un sistema che, da un lato, garantisce l’accesso al settore praticamente senza ostacoli e, dall’altro, offre allo scommettitore un notevole aumento dell’offerta con conseguente aumento di interesse. L’auspicio, da molti condiviso, è che l’intero settore delle scommesse sportive, e non solo, segua, al più presto, il modello introdotto dal settore on-line.

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Uomini Femministi

di SKA su La dimanche des crabes il 24 Settembre 2014, 16:29

Dopo tanto tempo in cui questo blog è andato avanti quasi per forza d’inerzia mi piacerebbe tornare a quello che succedeva qua sopra qualche tempo fa. Riuscivo ad esprimere concetti più o meno articolati, con lunghezza variabile e di solito prendendo spunto dalle decine di fonti che leggevo – e leggo ancora – per poter dare una versione dei fatti, sotto una chiave per ovvi motivi soggettiva. Una soggettività relativa, o un’obiettività soggettivizzata. Sempre che esista questo termine. Mi lasciavo andare anche a lunghe premesse, che altro non erano che escamotages narrativi per darmi e darci il lancio al pezzo, il blog d’altronde – nella sua concezione originaria, non sottomessa alle logiche del nanopublishing – è fatto anche di questo, no? Possiamo perdere tempo a parlare di fuffa per una decina di righe, consapevoli che i pochi lettori che navigano a vista se ne saranno già andati, mentre gli altri rimarranno incollati nella lettura perché interessati nonostante tutto o perché incuriositi dal “dove andrà a parare?”. Soprattutto se lanci il pezzo con quel titolo e dopo quasi 200 battute sei ancora lì a cincischiare.

Si è molto parlato dell’intervento di Emma Watson alle Nazioni Unite – sì sì, lei, Hermione di Harry Potter – a supporto della campagna #HeForShe, in qualità di portavoce di UN Women, l’organizzazione che si occupa della parità di genere all’interno delle Nazioni Unite.

Mi piace essere quasi banale ed ovvio per una volta, ma il discorso tenuto dalla Watson è bellissimo e lei lo ha interpretato meravigliosamente. Non siamo però sul piano di lettura “le hanno scritto il discorso e lei essendo un’attrice è stata molto brava”, “lo fa per pubblicità”, lo sappiamo già tutti. Per ovvi motivi un discorso del genere va scritto e ragionato con molta cautela, da professionisti della comunicazione e dei diritti civili. Lei ha sposato l’idea che ne è alle spalle e si è fatta carico di esporle ad una platea il più ampia possibile, sfruttando la propria immagine e popolarità. Tutti quanti consapevoli anche del fatto che sarebbe stata lei, prima di tutto, oggetto di attenzioni, positive e negative (non sono mancate le critiche feroci e persino alcune minacce).

In coda al post c’è il video integrale con sottotitoli in italiano, inutile stare qui a fare la cronaca di “quello che ha detto Emma Watson alle nazioni unite”, là fuori è pieno di articoli-aggregatori che già lo fanno (beh sì, cari amici del Post, potevate risparmiarvi la fatica e pubblicare direttamente il video sottotitolato).
L’intenzione di mettermi qui sopra a riempire di parole questo post è per dire: finalmente. Un concetto talmente ovvio come quello di HerforShe (lui per lei) è assurdo che non fosse mai stato messo al centro di una discussione globale, perché è un’assoluta verità: la causa del femminismo non può (non deve) essere prerogativa esclusiva delle donne. C’è assoluto bisogno di uomini femministi, di uomini che capiscano che la lotta per le pari opportunità è un dovere di entrambi i sessi. Una citazione del discorso:

Più ho parlato di femminismo e più mi sono resa conto che troppo spesso battersi per i diritti delle donne era diventato sinonimo di odiare gli uomini. Se c’è una cosa che so con certezza è che questo deve finire. Per la cronaca, il femminismo per definizione è la convinzione che uomini e donne debbano avere pari diritti e opportunità: è la teoria dell’uguaglianza tra i sessi – politica, economica e sociale

Sposo questa causa diventata mainstream a causa della Watson perché è giusta, perché è dagli anni del liceo che vado predicando questi stessi principi, perché è da quegli anni che mi auto considero un femminista, esattamente della tipologia che non si schiera verso una delle parti in questa strana guerra di generi che viviamo ancora oggi.
All’interno del discorso si parla anche di uomini “imprigionati negli stereotipi di genere che li riguardano” e mai sintesi fu più adatta a descrivere una forma di malessere vissuta in prima persona, ma mai realmente compresa dalle persone attorno, sia uomini che donne. Tutte quelle dimostrazioni di forza e supremazia territoriale e sociale al quale gli uomini si autocostringono, per abitudine, tradizione, ignoranza: l’uomo deve dimostrare comunque di avercelo più lungo.

Scardinare quest’impostazione primitiva è compito prima di tutto degli uomini: le donne lo hanno già capito da secoli, ma ci assecondano perché sanno perfettamente che – generalmente – non capiamo un cazzo.
Discorsi del genere in larghissime parti d’Italia portano a due tipi di reazione: ti danno della femmina, ti danno del frocio. Come se essere gay fosse un insulto. (Perché gli omosessuali non si offendono se gli da dell’etero?)

Cambia finalmente un paradigma inattaccabile: le donne devono combattere per i propri diritti. Giusto.
Ma la verità è che uomini e donne, insieme, devono combattere per i diritti di entrambi, in tutto il globo.

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Farfalle

di SKA su La dimanche des crabes il 14 Luglio 2014, 11:24

Leggo le parole e le storie di alcuni ragazzi sognatori, chiusi tra le quattro mura di un’università, con le loro vite che scorrono lente e faticose tra le strade di città e di paese. Ci rileggo il mio passato. Un passato scritto tra pagine bianche sporcate dall’inchiostro e infinite parole digitali che segnano anni di sogni, aspettative, dolori e illusioni ormai mescolate alla nebbia della quotidianità. Leggo le loro parole e ci vedo la doppia anima di chi è arrabbiato col mondo, ma innamorato della vita. Parole di chi ha il sogno di scrivere per vivere, della musica come costante di giorni che passano ogni anno sempre più veloci. Nelle loro storie presenti ci vedo la consapevolezza di un futuro nebuloso ed insicuro che non ricordo di aver avuto, forse troppo impegnato ad inseguire le farfalle dei miei sogni di vita con quel retino bucato che non ho mai ricucito.

Mi rendo conto con dolore quasi fisico che queste cose le ho parcheggiate in una scatola con il coperchio semi-aperto, per lasciarmi aperta la possibilità di dargli una sbirciata ogni tanto, ma senza troppa convinzione.
Mi guardo allo specchio e non mi riconosco, riesco ancora a scorgere quello che sono stato tra le crepe di quello che sono, ma ad ogni giorno passato, stanco e ammantato dai problemi giornalieri, mi allontano sempre di più da quello che avrei voluto essere.
Mi scivolo dalle dita e non ho più neanche la soddisfazione di ritrovarmele sporche d’inchiostro.

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Il processo di legalizzazione del gioco d’azzardo online in Italia

di Reverendo SenzaDio su Notizie Commentate il 14 Giugno 2014, 20:41

Il processo di legalizzazione del gioco d’azzardo via internet nel nostro paese è stato lungo e difficile, anche se negli ultimi hanno ha visto una grande accelerazione, anche a causa della crisi economica e della crisi del debito che ha colpito tutta la zona Euro. Il processo è iniziato nel luglio del 2011, quando ancora era in carica in governo Berlusconi, con una prima legalizzazione che ha riguardato i giochi da tavolo, i gratta e vinci, le lotterie e le scommesse sportive online. Grazie a questa prima fase della legalizzazione i casinò online hanno potuto munirsi di una regolare licenza e cominciare a operare nel nostro paese. Ma non ci si poteva limitare ai giochi da tavolo e a poco altro. Bisognava andare oltre.

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P2: gli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta

di SKA su Antimafia, ControInformazione il 5 Maggio 2014, 17:08

Una notizia importante da condividere.
Grazie alla Rete degli archivi per non dimenticare sono da oggi – 5 maggio 2014 – disponibili integralmente gli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2, che possono essere visionati direttamente a questo link

La storia dell’Italia Repubblicana passa necessariamente attraverso il recupero e la valorizzazione delle fonti documentarie contemporanee soggette più di altre a rischi di dispersione e distruzione.

La Rete degli archivi per non dimenticare nasce con quest’obiettivo e riunisce oggi più di sessanta tra associazioni, centri di documentazione, fondazioni, archivi di Stato e istituti privati che conservano documentazione relativa al terrorismo, all’eversione, alla violenza politica e alla criminalità organizzata in tutti gli aspetti sociali, civili e politici. “

C’è molto da leggere e da spulciare, proveremo a farlo.

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13 gennaio 1898 – J’ACCUSE

di SKA su Cose curiose successe oggi il 13 Gennaio 2014, 18:05

Il 13 gennaio 1898 è il giorno in cui uscì il famoso editoriale scritto da Émile Zola in forma di lettera aperta al Presidente della Repubblica francese Félix Faure, e pubblicato dal giornale socialista L’Aurore ed intitolato J’Accuse…! (Io accuso…!). L’editoriale fu scritto con lo scopo di denunciare pubblicamente le irregolarità e le illegalità commesse nel corso del processo contro Alfred Dreyfus, al centro di uno dei più famosi affaires della storia francese.

J’ACCUSE!

Monsieur le Président, permettetemi, grato, per la benevola accoglienza che un giorno mi avete fatto, di preoccuparmi per la Vostra giusta gloria e dirvi che la Vostra stella, se felice fino ad ora, è minacciata dalla più offensiva ed inqualificabile delle macchie. Avete conquistato i cuori, Voi siete uscito sano e salvo da grosse calunnie. Apparite raggiante nell’apoteosi di questa festa patriottica che l’alleanza russa ha rappresentato per la Francia e Vi preparate a presiedere al trionfo solenne della nostra esposizione universale, che coronerà il nostro grande secolo di lavoro, di libertà e di verità. Ma quale macchia di fango sul Vostro nome, stavo per dire sul Vostro regno – soltanto quell’abominevole affare Dreyfus!

J’ACCUSE
AFFAIRE DREYFUS

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Mappa delle mafie vs. stato

di SKA su Antimafia il 5 Settembre 2013, 01:11

Interessante mappa creata da Laura Canali e pubblicata su Limes

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Il Movimento 5 Stelle primo partito d’Italia?

di SKA su ControInformazione, Notizie Commentate il 21 Marzo 2013, 14:08

Risposta breve: no.

Giuseppe Piero Grillo e la Pravda del Movimento 5 Stelle stanno spingendo questa panzana:

Il M5S è stato il primo per numero di voti alle ultime elezioni. Per questo chiede ufficialmente un incarico di governo per realizzare il suo programma

L’hanno diffusa immediatamente dopo le consultazioni con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – a cui ha partecipato il non-candidato e non-eletto Giuseppe Piero Grillo – anche tramite un comunicato ufficiale impaginato con word.

Andiamo a controllare perché si tratta di una di quelle panzane in stile Berlusconi.
Per semplicità – ed anche per doppia funzione di segnalazione – riportiamo i dati scritti dal blog satirico/informativo “Cronache dal Libero Stato di Grillonia“, mettendo a confronto soltanto i voti dei singoli partiti (non coalizioni quindi) che hanno preso più voti alle scorse elezioni.

I voti presi dai singoli partiti, non coalizioni, giusto per seguire la logica grillina.

Camera+Estero

Partito Democratico: 8.932.615

Movimento 5 Stelle: 8.784.499

Senato+Estero

Partito Democratico: 8.674.893

Movimento 5 Stelle: 7.375.412

Totale Camera+Senato+Estero Partito Democratico: 17.607.508

Totale Camera+Senato+Estero Movimento 5 Stelle : 16.159.911

Su cosa si basa quindi questo accanimento? Ci sarà pure un motivo se cercano di cavalcare strumentalmente un dato non vero.
C’è infatti un dato – parziale – legato alla sola circoscrizione Italia che ha questi dati:

Movimento 5 Stelle 8.689.458

Partito Democratico 8.644.523
Una differenza di 44.935 voti in favore del Movimento 5 Stelle.

Ovviamente la fonte è, molto semplicemente, quella ufficiale del Ministero degli Interni.

Si tratta quindi – nella migliore delle ipotesi – di un cavallo che cavalca un dato parziale, alla stregua di un PDL che si dicesse di essere il primo partito per aver preso la maggioranza dei voti nella circoscrizione Lombardia.
I voti si calcolano nel complessivo, altrimenti tanto valeva non far votare gli italiani all’estero, no? Oppure uno vale uno solo se si è sul suolo italiano?

Piccolo addendum: la somma dei voti a Camera e Senato non sarebbe neanche necessaria, ma rende il quadro della situazione. Ed ancora: non ha comunque alcun senso parlare dei voti ai singoli partiti, lo ha solo in senso politico eventualmente, ma a livello numerico esiste la possibilità di coalizioni anche per questo. E se dobbiamo quindi fare un’analisi di coalizione, il Movimento 5 Stelle diventa terzo soggetto politico, anche dopo la seppur larghissima coalizione PDL.
Prendendo il PD: chi ha votato SEL o Tabacci ha votato implicamente il candidato capolista Bersani. E tutti quei voti di coalizione sono funzionali alla composizione dell’arco parlamentare.

Spiegare l’ovvio è quasi estenuante.

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Lo scotto della democrazia autoritaria

di SKA su Il Terzo Occhio il 28 Febbraio 2013, 16:04

Sempre più strano questo paese.
Nonostante siamo uno paese a prevalenza cattolica, nonché ospitanti lo Stato Vaticano, tutto sommato esiste la possibilità di criticare, ironizzare o fare satira sulla Chiesa e le sue storture. Ed è stato fatto.

Siamo passati da un dominio della Democrazia Cristiana, poi sbriciolatosi in favore dei socialisti, di Craxi. Hanno – tutti – rubato e se n’è lungamente discusso durante Tangentopoli/Mani pulite. C’era molta – moltissima – censura, ma tutto sommato lo scontro critico/satirico è stato possibile.

Siamo passati per brevissimi governi post-tangentopoli e con l’avanzata di un personaggio come Berlusconi, che nel 1994 non era ancora il Berlusconi che sarebbe stato. Abbiamo visto nascere un movimento strano ed irruento come la Lega Nord, che passa da essere di estrema sinistra a centro destra, che passa da far cadere il primo governo B. per accuse di mafia ad accordi pochissimo tempo dopo. Qui la critica e la satira sono state spietate, ed è stato possibile.

La svendita e privatizzazioni di società controllate dallo Stato. Poi i governi tecnici di Dini, i governi ballerini di D’Alema e Prodi, le porcate sulla par condicio, le porcate sul conflitto d’interessi, la nascita del termine “inciucio”, l’instabilità di governo, un passaggio irruento e mal controllato – anche se doveroso – all’euro. Tutte responsabilità della sinistra. Ma è stato possibile criticare e fare satira su tutto.

Poi è arrivato il vero Berlusconi con tutta la cricca di minus habens che si è trascinata dietro e non c’è veramente più bisogno di aggiungere altro su tutto quel che è stato fatto durante quei governi. La censura ha colpito duramente alcuni, è verissimo, ma al tempo stesso la critica e la satira durante il periodo Berlusconiano hanno trovato uno dei maggiori terreni fertili della storia d’Italia. Mi fermo ad un breve cenno di autoreferenzialità: è dal 2001 che ne scrivo, ne ho scritto – so fare solo quello e neanche troppo bene – e nonostante tutto anche i più feroci critici (persone normali) hanno sempre compreso che non c’erano interessi “di parte”, ma che soprattutto fa parte della democrazia. Mi ricordo un divertito e collaborativo Casini che rispose pubblicamente a delle obiezioni sul famigerato Fondo di Solidarietà (i Pacs in pratica) di cui soltanto i parlamentari possono usufruire.

Persino sulla mafia e su rapporti in odore di mafia.

Ma oggi è arrivato Grillo – e non parlo degli onesti ragazzi di M5S che ci hanno messo e ci mettono la faccia – ma proprio di Grillo. Di Grillo, di Casaleggio e di un terzo degli elettori italiani convinti e fomentati dalla rabbia.
Ecco, con Grillo e grillini la critica e la satira non sono più possibili. Si ricevono minacce, insulti (d’altronde si basa tutto su quello, no?), accuse di difendere alternativamente o I COMUNISTI o LO PSICONANO. Come se criticare un movimento (ormai partito) che è ormai a tutti gli effetti in parlamento significhi automaticamente essere al soldo di PD o PDMENOELLE. (Tra l’altro si può anche smettere coi nomignoli ormai, no?).
E stavolta non parlo del vertice, ma della base, che va avanti a testa bassa e diffida da ogni possibilità di messa in discussione dell’operato dei capi.
Parlo in prima persona perché sono io a scriverne e perché ho subìto alcune delle cose sopra descritte, ma in realtà da quanto posso osservare si tratta di un discorso dentro il quale si sono trovate e si trovano ancora persone libere di pensiero e di penna.
Spero che con un po’ di maturita politica e civile questo atteggiamento squadrista vada a mitigarsi, altrimenti c’è da preoccuparsi per davvero.

Che mattone.

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About Oscar

di SKA su Notizie Commentate il 20 Febbraio 2013, 17:11

Della questione “master e lauree millantate da Oscar Giannino” si sta discutendo molto, sia in rete che negli altri media. Inutile fare riassunti, fate una veloce ricerca.
Non è neanche interessante sapere o cercare di capire perché Zingales abbia deciso di fare una sceneggiata pubblica a pochi giorni dal voto. Un atto doveroso, ma credo che esista pur sempre una responsabilità civile nei confronti dei militanti e dei possibili elettori raccolti in così poco tempo attorno al progetto Fare per Fermare il Declino. C’è “qualcosa dietro”? Cercare dietrologie è sempre una speculazione divertente, ma assolutamente insignificante dal punto di vista politico e giornalistico.

Una volta scoperchiata la pentola e dipanata un po’ di nebbia rimane solo una cosa: le balle.
Non stiamo parlando di credibilità politica = titolo accademico e viceversa, altrimenti staremmo parlando di aristocrazie e non più di un – almeno potenziale – governo del popolo. La credibilità politica e quindi elettorale si conquista sulla propria pelle e sulla propria persona, anche al netto di titoli. Giannino l’avrebbe potuta conquistare anche senza millantare lauree e master altisonanti. Purtroppo però la propria credibilità si basa e si è basata quasi esclusivamente su di una sua competenza in materia economica, sicuramente molto più fine ed articolata di molti colleghi e potenziali eletti, ma basata e costantemente supportata da richiami continui a titoli accademici.

L’impianto di FARE si è basato interamente su una persona che ha detto balle o che – alla meglio – ha continuato a prestare il fianco alle balle su se stesso.
Se non si è disposti a credere alle palesi balle di un Berlusconi, un Casini, un Fini, un Vendola o un Grillo (Bersani di solito evita di dire balle, al massimo non dice) non si possono accettare quelle di un Giannino, pur essendo necessario riconoscergli stima.

Nota in aggiunta: millantato credito e dichiarazione mendace sono reati punibili penalmente. Ma sarebbe un antipatico giochino giustizialista dilungarsi in tal senso.

Update 20 febbraio 2012, 16.50: Oscar Giannino si dimette irrevocabilmente da Presidente di FARE. Ha raccontato balle, è stato scoperto, si è dimesso. Giusto e doveroso. In Italia è una meritevole eccezione, anche se dovrebbe essere una regola implicita.

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Discorso agli Ateniesi – Pericle, 461 a.c.

di SKA su Satira il 19 Febbraio 2013, 18:07

Mi è stato chiesto via mail di recuperare un testo che parlava della democrazia ad Atene quasi un secolo prima della nascita di Cristo.
Il testo in questione è famoso e lo ripubblico volentieri. Si tratta del “Discorso agli Ateniesi” di Pericle, 461 a.c., scritto da Tucidide

Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al
nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Nota a margine: questo testo scritto da Tucidide è diventanto famoso in Italia per essere stato ripreso da Paolo Rossi, ma censurato in RAI. Leggi qui.

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L’apertura delle sale poker in Italia

di Camerata Stizza su Propaganda il 7 Gennaio 2013, 16:29

Uno dei punti della legge di stabilità firmata dall’ormai ex (per poco) Presidente del Consiglio Monti che sembra essere passato un po’ in sordina è quello che regolamenta e dà il via libera all’apertura di circa 1000 nuove sale da poker sul territorio nazionale.

L’apertura era già prevista, ma tramite proroga la tempistica per l’apertura delle nuove sale sarebbe slittato almeno al 2014. Un subemendamento presentato dal Pdl cancella invece lo slittamento iniziale previsto dai relatori e consente l’apertura delle sale già da gennaio 2013.

La questione è questa: in Italia, fino ad ora, non esistono sale da poker in cui è legale il gioco “dal vivo”, cioè uno o più giocatori contro gli altri attorno allo stesso tavolo. I giocatori del paese per giocare liberamente devono interfacciarsi con uno dei tanti casino online italiani oppure dirigersi verso casinò o circoli privati in cui il gioco è consentito.

Chi si è espresso negativamente sulla questione è il – anch’esso ormai ex – Ministro della Salute Renato Balduzzi che si è detto “molto preoccupato per questi emendamenti notturni sul gioco d’azzardo, che ha un impatto sanitario oltre che un impatto sulla vita delle persone drammatico. “

Anche il ministro per la Cooperazione e per l’Integrazione Andea Riccardi ha espresso il proprio parere negativo “Mi sembra incredibile che in un momento di difficoltà economica del Paese, in cui tante famiglie in difficoltà si rovinano nella speranza di una vincita miracolosa, si approvino emendamenti in Commissione per anticipare l’apertura di nuove sale da poker, come se già non bastasse la sterminata offerta di giochi a premi.“

Una nota dell’AAMS ha chiarificato però il punto della situazione: l’apertura delle mille sale da poker non sarebbe “imminente” – sarebbe effettivamente un’invasione – ma esiste tuttavia la possibilità, dal primo gennaio 2013, di indire gare d’appalto. Per tali gare c’è comunque bisogno di un regolamento attuativo che disciplini con precisione il gioco e fissi le imposte dovute allo Stato.

Al momento questo regolamento non esiste, ma siamo abbastanza sicuri che ad elezioni fatte ci ritroveremo di nuovo con qualche subemendamento notturno che ne darà un’accelerata.

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Instagram (e Facebook) venderanno le vostre foto

di SKA su Notizie Commentate il 18 Dicembre 2012, 15:49

Cito direttamente la fonte, che è Paolo Attivissimo, per far notare una nuova norma di Instagram (proprietà di Facebook Inc.) che recita testualmente:

you agree that a business or other entity may pay us to display your username, likeness, photos (along with any associated metadata), and/or actions you take, in connection with paid or sponsored content or promotions, without any compensation to you.

Che tradotto significa – per semplicità utilizzo sempre la traduzione di Attivissimo:

per mostrare il vostro nome utente, la vostra immagine, le vostre foto (insieme ad eventuali metadati associati) e/o le azioni che effettuate, in relazione a promozioni o contenuti pagati o sponsorizzati, senza alcun compenso a voi.

Potenzialmente quindi, tutte le foto scattate a parenti, amici, piatti del giorno – a giudicare dalla mole di foto a piatti viene da pensare che Instagram sia nato per questo – e paesaggi potranno essere utilizzati a scopi commerciali. Il Paolo Antibufala dice “in pratica li avete venduti. In realtà non è così, in pratica li avete regalati ad una società quotata in borsa che può farne ciò che vuole a fini commerciali.

Se pur con moltissime criticità di ragionamento, il discorso che fece Wu Ming 1 in questo articolo – almeno nella parte in cui si parla del lavoro invisibile degli utenti dei social network – non è così difforme dalla realtà.
Senza andare a scomodare Marx, stiamo realmente parlando di sfruttamento – nel senso più etimologicamente stretto – di una manovalanza digitale che produce contenuti gratuiti in favore di società quotate in borsa e quindi per natura intrinseca rivolte al capitale.

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extra

WTF?

Giornalista, web designer e pubblicitario. Da blog di protesta negli anni in cui i blog andavano di moda, questo spazio è diventato col tempo uno spazio di riflessione e condivisione. Per continuare a porsi le giuste domande ed informare se stessi.