Tempo fa qualcuno mi ha detto che le promesse esistano soltanto per essere deluse, come le regole.
Siete qui perchè qualcuno è contravvenuto alle regole direbbe Tyler Durden sotto la luce opaca di una lampadina, ed io, come davanti ad uno specchio a guardare il mio Tyler, a dire che vorrei prendermi a pugni, come fuori a quel bar.
Iniziare il mio Fight Club personale e ridestarmi dall’insonnia.
La sciocca promessa di non scrivere “cose personali” qui dentro è così scardinata.
Sono qui davanti ad autoconvincermi che dovrei scrivere tutto ciò che penso di getto, senza fermarmi a ragionare, a fare attenzione alle parole, o alla grammatica, alla sintassi. Non ha senso. Eppure continuo a farlo. Basterebbe lasciarsi trascinare dalle emozioni che ti percorrono la schiena, nonostante tutto anche io ne provo. Forse fin troppo E questo mio continuo stato di disagio, d’ansia, di malessere part-time non mi ha mai permesso di far sapere alle persone quel che provo per loro.
E’ confusione, sicuramente indecisione, probabilmente incapacità .
Ci sono riuscito solo con una persona, così apertamente, senza troppi freni o inibizioni.
Ora tu sei la seconda.
Non è un grosso risultato, apparentemente, ma per me lo è.
No, non sto parlando d’amore.
Sto parlando d’amicizia, quella vera, quella di cui non ti libereresti mai, quella che non riusciresti mai a scordare. O a rompere.
Mi ricordo i tempi in cui ero ancora bambino: mi posero nella situazione di scegliere tra l’amico con cui sono cresciuto sin dall’asilo e l’amico vicino di banco alle elementari. Con entrambi mi divertivo un mondo, ad entrambi volevo un bene dell’anima. Eppure dovevo scegliere, i loro due caratteri risultavano essere inconciliabili. Ed eravamo tutti e 3 soli, senza amici, se non noi.
Non volevo scegliere e non l’ho fatto. “Usciamo in tre, che c’è di male”. Pensavo.
Mi ricordo anche il pensiero di due minuti prima dell’uscita “che bello avere degli amici”.
Era effettivamente bello. Finchè non hanno litigato. E mi ritrovai a scegliere per forza, colpa di un pallone, colpa della gelosia, colpa della fiducia nell’amicizia.
E’ da quando mi sono pentito di aver allontanato quell’amico (quello d’infanzia) che non ho più avuto fiducia nell’amicizia.
O forse ho sempre avuto paura di dire nuovamente “che bello avere degli amici”. E perdere tutto. Ancora.
Per un pallone o per la politica: nessuna delle due motivazioni regge davanti ad un amico.
Ma lo riconosco soltanto ora.
Mi nascondo dietro il mio muro d’orgoglio fatto di tante parole, di tanti ideali, di tanta passione, ma resta troppo spesso invalicabile persino da me. Figuriamoci dagli altri.
Dal mio valico tiro la corda, con un pizzico di masochismo, per non so quale motivo. Forse per sentirmi sicuro, accettato, apprezzato. O addirittura disprezzato, ma pur sempre considerato.
Magari arriva un tuo sms e mi spiazza, non so che rispondere, la paura di non sapere cosa dire. Come sempre. O non voler dire nulla in quel modo, perchè adesso ho voglia di dirti tutto qua, tutto quello che non avrei saputo dire a parole o in 160 caratteri.
Come in un assurdo paradosso la paura di perdere un amico, ti porta ad attaccarlo, per essere sicuro che nonostante tutto la sua amicizia resti sempre immutata, per fartelo dire apertamente.
Per tornare bambino e dire: “che bello avere degli amici”.
E anche un po’ vaffanculo. Sì, vaffanculo. Perchè sto qui davanti a piangere come quel bambino, poche persone mi hanno visto farlo, tu stesso che hai vissuto con me anni difficili, mi hai visto farlo soltanto una volta. Finchè non sono scappato in bagno a spaccare una mattonella. E la mia mano.
Si cresce e si capisce, l’orgoglio va tirato fuori in altre occasioni. Non con gli amici.
Tutto questo credo basti da solo a spiegare cosa “realmente mi hai dato”.
Un Buddhista direbbe “ti amo”, da noi è convenzione dire “ti voglio bene”.
Non sono buddhista e non sopporto troppo le convenzioni, ma il concetto è chiaro.
Grazie, amico mio.
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
Giuseppe Ungaretti – “Fratelli”
Diary of Dreams -- Bird without wings