E’ stato alle 4.34 di quel 6 aprile che la mia già vistosa erezione ha raggiunto il suo climax.
Svegliato alle 3.32 da un tumulto di pareti e lampadari avevo già subodorato la portata orgasmica del disastro imminente, ma non speravo – in tutta onestà – di ricevere una così lauta ricompensa divina per il mio lavoro. Lassù qualcuno mi ama.
Dopo aver pulito la mia eiaculazione sul doppiopetto di B. – lasciato qui chissà in quale delle serate all’insegna di droga e puttane – mi sono diretto in redazione per abbeverarmi direttamente alla fonte delle agenzie. Arrivo e trovo già un visibilio fatto di 10, 20, 30 morti, case dilaniate, famiglie in fuga, appelli disperati dai primi soccorsi.
Erano le 7.27 e tutto quel ben di Dio era lì solo per me e ne volevo di più, sempre di più. “Datemi i morti! Datemi i dispersi, le famiglie affastellate! Datemi lacrime” gridavo in completa trance alle mie collaboratrici. E loro lì, con quelle facce lunghe e qualche imperscrutabile accenno di compassione frammista perfino a tristezza. Forse anche qualche lacrima sui loro visi induriti. Un vero anticlimax che riuscirebbe ad ammosciare finanche la più priapistica prestazione. Non potevo permetterlo.
Ma le notizie dei bambini schiacciati sotto le loro stesse case e gli studenti intenti a drogarsi senza più un alloggio fanno riaffluire improvvisamente un nuovo getto di sangue nei miei corpi cavernosi. All’estremo dell’eccitazione decido che non posso più stare qui. Devo vedere. Devo odorare. Devo toccare. Devo Informare.
La A24 è chiusa, vogliono evitare il turismo della tragedia. Evitare che morbosi della morte godano dell’immenso spettacolo creato dalla natura. Inconcepibile. Con una sola telefonata al Ministero dell’Interno riesco ad obbligare la Rai a concedermi un elicottero privato che mi porti lì, tra le macerie ed il sangue. “Panoramica”. “Carrellata”.
Schivo, scanso e spintono membri dei vigili del fuoco e della protezione civile per guadagnarmi la prima linea ed immergermi in uno degli spettacoli più estatici a cui abbia mai potuto assistere in vita mia. Sono lì e riesco a respirare la mista polvere di cemento ed amianto degli edifici anni ’70 – fortunatamente mai adeguati alle norme antisismiche. “Campo Medio”. Faccio domande compulsive ai passanti, sfoderando il microfono come un vessillo colonialista. “Primi piani”. Vi porto empatia, vi porto la parola, vi porto Amore. Vi porto l’Informazione. Voi datemi il vostro dolore. Il nostro dolore. Voglio la mia dose di dolore altrui. Datemela!
E’ questo che facciamo: ingurgitiamo la vostra sofferenza, la ruminiamo e la rivomitiamo completamente stravolta, violentata e deturpata per farla conoscere a tutti. Siamo i professionisti della pornografia informativa.
Poi mi trovo finalmente lì, ad Onna. Abbagliato, accecato, da cotanta miseria e desolazione. Vedo solo campi, cumuli di macerie ed un epifanico dramma. Ma poi li vedo in lontananza, una fila di 40 corpi coperti solo da lenzuola e stracci. “Campo Piano”. Il pantalone di tweed non riesce a contenere l’esplosione che mi ritrovo tra le gambe.
Ho sempre immaginato la morte come una fonte di gelatina scura, dentro cui affondare le mani fino agli avambracci. Gelatina da schiacciare, spappolare, squartare, succhiare, ingoiare, per godere della sua truculanta polpa fatta di dolore e paura.
Mi accascio su uno dei corpi in fila, assaporando ancora cosciente i singulti dei familiari. “Campo Medio”. Scopro una donna contusa, deturpata nel viso probabilmente da un soffitto crollatole addosso. “Primo Piano”. Le accarezzo il sangue coagulato sulle guance, scendendo per il collo fino ai seni coperti da quel poco tessuto rimasto di quella che era una t-shirt. “Zoomma”. Con l’altra mano inizio a toccarmi, non resisto più. Trovo una cavità nello stomaco dentro cui si è probabilmente infilato un tondino di acciaio, è ancora morbido. E’ caldo. E’ perfetto. “Soffermati sul particolare. Zoomma.”
Ma il cameraman non zoomma. Sono lì, con il membro in mano pronto a ridare vita a quel corpo ancora caldo. Ma lui esita. “Perchè esiti, zooma, è lo show-biz, è pronta, dobbiamo far vedere a tutti! Dobbiamo Informare.”
– “No dottor V. non ce la faccio, spero stia scherzando.”
“No ragazzo!” – gli urlo indemoniato forte della mia erezione in atto –“tu non capisci. Non potresti mai capire l’importanza del nostro mestiere. Perché questa è l’Informazione ragazzo. E l’Informazione è una cosa seria.”
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SFOGLIABILE N. 13