Ne uccide più la burocrazia che la spada
di SKA su Satira il 26 Marzo 2009, 15:56
(Uscito il numero 12 di Scaricabile, questa volta anche in allegato al “Mucchio”. Andate e scaricatene tutti)
Sono ancora palestinese e quindi, formalmente, un extracomunitario.
L’anno in cui da lassù mio padre decise di rispedirmi tra gli uomini, trovai questi ultimi davanti la televisione.
Nacqui così per la seconda volta, ma nella scelta della terra da far diventar per me natìa un dubbio mi assalì:”ora che posso scegliere, non posso mica tornare in Giudea. Sotto Erode ho rischiato di venir fatto fuori a neanche due anni, poi gli amici di Roma ci sono riusciti a 33: mi hanno appeso a quattro pezzi di legno chiedendo al popolo di scegliere tra me e un ladro.”
Hanno scelto il ladro.
Adesso continuano ad ammazzarsi per colpa mia. Se mi vedono in giro mi fanno un culo come una Moschea, non è il caso.
Io che tutto posso, decisi di vivere in un posto in cui regnava pace, armonia e tolleranza.
Ho scelto l’Italia.
Culla della tradizione umanista e sede dei miei più fedeli adepti, è la terra che più di tutte idolatrava la mia immagine, in perenne sofferenza e dolore, esposta al pubblico ludibrio all’interno di posti tristi, ma allo stesso tempo trasudanti opulenza.
A volte ho il dubbio di essere rinato Elvis.
Ma sono ancora palestinese e quindi, formalmente, un immigrato irregolare.
L’anno in cui nacqui era in vigore una norma che mi riportò la memoria indietro di secoli: volevano impedire ai bambini di esistere. A suon di “obblighi per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile”, iniziarono a scomparire bambini. Erano in giro, erano dappertutto, sudici, lerci, sporchi, vivevano sotto cartoni con poco cibo e sniffando colla. Genitori stranieri privi di permesso di soggiorno non potevano certificare la nascita dei propri figli. Bambini inesistenti per lo Stato, che pur li accoglieva, ma non voleva né vederli né sentirli. E dalla nuova Maria irregolare, dopo un parto clandestino, nacqui io. Un Gesù senza nome, senza uno Stato, senza una dignità. Un Gesù apolide. A stateless Jesus.
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