Il Falso della Sacra Sindone
di Reverendo SenzaDio su L'ora di religione il 5 Giugno 2008
La conquista di Costantinopoli del 1204 rivelò all’Occidente la cornucopia di reliquie conservate nei santuari di Bisanzio. Comprate o trafugate dai crociati, in breve tempo esse andarono ad arricchire il patrimonio di meraviglie sacre conservate nelle chiese medioevali, per l’elevazione spirituale dei fedeli e materiale del clero. Miracolosamente sopravvissute nei millenni, le memorie del Vecchio Testamento erano sorprendenti: la mensa di Abramo; la scure con cui Noè costruì l’arca, e il ramoscello d’ulivo riportato dalla colomba dopo il diluvio; le tavole della legge e la verga di Mosè; la manna e l’arca della Santa Alleanza; tre delle trombe con cui Giosuè fece crollare le mura di Gerico; il trono di David …
Altrettanto incredibili erano i reperti del Nuovo Testamento: la mangiatoia di Betlemme; ampolle col latte della Madonna e l’ultimo respiro di San Giuseppe; il cordone ombelicale e otto prepuzi di Gesù bambino; i suoi denti da latte, più vari frammenti di unghie e peli di barba; le pietre sulle quali fu circonciso e battezzato; le lettere che avrebbe scritto di proprio pugno; i dodici canestri della moltiplicazione dei pani; il famoso Santo Graal, cioè il calice dell’ultima cena; il catino in cui Cristo lavò i piedi agli apostoli, e il panno con cui li asciugò; la clamide scarlatta, la corona di spine, lo scettro di canna, il flagello e le orme dei suoi piedi di fronte a Pilato; la Veronica col suo volto; la cenere del falò acceso dopo la rinnegazione di Pietro; molti chiodi della croce, e un numero enorme di suoi frammenti di legno; in miracoloso contrasto con essi, la croce tutta intera, ritrovata nel 326 dalla madre di Costantino; la spugna, l’aceto, la canna e la punta della lancia del centurione; il marmo su cui il corpo fu deposto, con i segni delle lacrime della Madonna; la candela che illuminava il sepolcro; il dito che l’apostolo Tommaso mise nel costato; la pietra dell’assunzione al cielo …
Benché alcune di queste reliquie siano (state) conservate nelle basiliche più sacre della Cristianità, da Santa Maria Maggiore a San Giovanni in Laterano, chiunque argomentasse seriamente oggi a favore della loro attendibilità storica verrebbe quasi sempre preso per matto. Quasi, ma non sempre, almeno a giudicare dai milioni di fedeli accorsi a Torino a vedere la Sindone durante l’ostensione da poco conclusasi. O meglio, una delle quarantatré Sindoni di cui si ha notizia: alcune con immagini, e altre no; molte andate distrutte da incendi e, come già ironizzava Calvino, prontamente rimpiazzate; una, quella miracolosa di Besançon, distrutta per ordine del Comitato di Salute Pubblica durante la Convenzione Nazionale della Rivoluzione Francese.
La Sindone di Torino, un telo di lino di circa quattro metri per uno, apparve per la prima volta nel 1353 presso Troyes, nel cuore della regione di Chartres e Reims, famose per le loro cattedrali. Il telo reca una doppia immagine, fronte e retro, di un cadavere nudo, rappresentato secondo i canoni e le proporzioni dell’arte gotica dell’epoca: figura rigidamente verticale, gambe e piedi paralleli, tratti del viso più caratterizzati di quelli del corpo. La presenza di segni di ferite in perfetto accordo con il racconto evangelico della passione poteva far supporre che quella fosse un’immagine impressa dal corpo di Cristo sepolto, stranamente mai menzionata nei testi sacri, né rappresentata iconograficamente nel primo millennio.
Nel 1389 il vescovo di Troyes inviò però un memoriale al papa, dichiarando che il telo era stato “artificiosamente dipinto in modo ingegnoso”, e che “fu provato anche dall’artefice che lo aveva dipinto che esso era fatto per opera umana, non miracolosamente prodotto“. Nel 1390 Clemente VII emanò di conseguenza quattro bolle, con le quali permetteva l’ostensione ma ordinava di “dire ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero Sudario del Nostro Signore Gesù Cristo, ma una pittura o tavola fatta a raffigurazione o imitazione del Sudario”.
Alla testimonianza storica del pontefice di allora, evidentemente diverso da altri suoi successori, possiamo oggi aggiungere la conferma scientifica della datazione al radiocarbonio effettuata nel 1978 da tre laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, su incarico della diocesi di Torino e del Vaticano: la data di confezione della tela si situa tra il 1260 e il 1390, e l’immagine non può dunque essere anteriore. Stabilito che la Sindone è un artefatto, rimane da scoprire come sia stata confezionata.
L’immagine è indelebile, essendo sopravvissuta sia a ripetute immersioni in olio bollente e liscivia effettuate nel 1503 in occasione di un incontro tra l’arciduca Filippo il Bello con Margherita d’Austria, sia al calore di un incendio del 1532, che la danneggiò in più punti. Inoltre, è negativa (le parti in rilievo sono scure, quelle rientranti chiare), unidirezionale (il colore non è spalmato), tridimensionale (l’intensità dipende dalla distanza tra la tela e la parte rappresentata), e ottenuta per disidratazione e ossidazione delle fibre. Siamo dunque di fronte non a una pittura ma a un’impronta, che certo non può essere stata lasciata da un cadavere.
Dal punto di vista anatomico, infatti, le immagini frontale e dorsale non hanno la stessa lunghezza (differiscono di quattro centimetri), ma hanno la stessa intensità, benché il peso sia tutto scaricato sul retro; l’avambraccio destro è più lungo del sinistro; le braccia sono piegate ma le mani ricoprono il pube, il che richiederebbe una tensione delle braccia o una legatura delle mani; le dita sono sproporzionate, e l’indice e il medio sono uguali; posteriormente si vede l’impronta del piede destro, benché le gambe siano allungate.
Dal punto di vista geometrico, l’impronta stereografica lasciata da un corpo o da una statua sarebbe distorta e deformata, soprattutto nella faccia: l’esatto contrario della raffigurazione veristica della Sindone. Solo un bassorilievo di poca profondità può lasciare un’impronta simile. Non è naturalmente possibile sapere con certezza come si sia passati dall’uno all’altra, ma non è necessario scomodare i miracoli. Anzitutto, qualunque calco sarebbe automaticamente negativo e unidirezionale.
Per quanto riguarda la tridimensionalità, ci sono due possibilità naturali. La prima è stata riprodotta dall’anatomopatologo Vittorio Pesce Delfino, che l’ha descritta in E l’uomo creò la Sindone (edizioni Dedalo). Basta scaldare un bassorilievo metallico a 220 gradi e appoggiarvi brevemente un telo, per ottenere un’immagine dal caratteristico colore giallastro della reliquia: lo stesso delle bruciature da ferro da stiro. La tridimensionalità è causata da una duplice trasmissione del calore: per contatto diretto in alcuni punti, e per convenzione a distanza in altri. Le foto del libro mostrano come anche una rudimentale e brutta figura sia in grado di lasciare un’impronta sorprendentemente simile alla Sindone.
La seconda possibilità è descritta dal chimico Luigi Garlaschelli nel delizioso libretto Processo alla Sindone (Avverbi), e rende anche conto di due fatti aggiuntivi: sulla reliquia sono state trovate tracce di colore, e le riproduzioni antiche mostrano un’immagine più intensa di quella attuale. In questo caso l’impronta è ottenuta ponendo il telo sul bassorilievo e strofinandovi sopra dell’ocra in polvere, come si fa col carboncino sulla carta. Col tempo il colore si stacca, e lascia un’impronta fantasma residua come le foglie negli erbari.
A ciascuno dei fatti oggettivi che abbiamo esposto è naturalmente possibile opporre opinioni soggettive, invocanti cause naturali o soprannaturali, nel tentativo di ricondurre la ragione alla fede. La più fantasiosa fra quelle avanzate, tra pollini e monetine, è certamente l’ipotesi che imprecisati fenomeni nucleari avvenuti all’atto della resurrezione atomica di Cristo abbiano modificato la struttura del telo, cospirando a falsarne la datazione in modo da farla coincidere proprio con il periodo della sua apparizione storica. Evidentemente, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Coloro che invece hanno orecchie per intendere, intendono: il fatto miracoloso non sussiste, e il caso è chiuso.
(Piergiorgio Odifreddi, Repubblica sabato 25 novembre 2000)
6 Giugno 2008 alle Giu 06, 08 | 15:28
Beh, alla fine credo che questa reliquia, come altre, sia una espressione di un certo modo di vedere le cose, ora io non so se la reliquia sia vera o falsa, e alla fine, non credo nemmeno che sia questa la cosa importante. Se è vero che il medium è il messaggio credo che la cosa importante è la risposta che si cerca, e le risposte che si vogliono trovare in un telo di lino di 1000-2000 anni fa, dal mio punto di vista, sono tutte abbastanza retoriche. Come del resto retorica è quella risposta che si ricava dalla domanda: tu credi? Poi come sempre, non vuol dire che quello che per me è retorico sia retorico per tutti gli altri…
6 Giugno 2008 alle Giu 06, 08 | 22:35
Ma la “verga di Mosé” è esposta da qualche parte?
Tu sempre a razionalizzare sulla religione… distruggi tutto il Romanticismo!
8 Giugno 2008 alle Giu 08, 08 | 14:10
Hai ragione. E’ un po’ come quando ti dicono che Babbo Natale non esiste, dimostrandotelo empiricamente per giunta.
Poi c’è sempre chi continua a crederci, dicendo che chi crede nella Befana è un cretino.
8 Giugno 2008 alle Giu 08, 08 | 15:18
In realtà non è poi manco tanto una questione “di religione”:
tra gli stessi cristiani molti, giustamente, non credono a queste fandonie. I Protestanti non vedono di buon occhio le reliquie in genere. Ma la Chiesa, fischiettando, adotta un silenzio assenso… peraltro su di un telo che nemmeno loro chiamano “sacro”.
12 Giugno 2008 alle Giu 12, 08 | 12:36
Fisica: dimostrato in laboratorio che l’immagine della Sindone è stata originata da potenti lampi di luce.
(http://kattolikamente.splinder.com) La rivista scientifica Applied Optics ha pubblicato i risultati degli esperimenti di ricercatori italiani eseguiti al Centro Enea di Frascati, “ricreando” un’immagine sindonica.
Giuseppe Baldacchini, Paolo Di Lazzaro, Daniele Murra e Giulio Fanti, irradiando tessuti di lino con un brevissimo e potentissimo lampo di luce prodotto da laser a eccimeri sono riusciti a imprimere immagini con le stesse caratteristiche della figura della Sacra Sindone, in cui la colorazione riguarda solo le fibrille piu’ superficiali, senza passaggio di colore sul rovescio della tela.
Secondo Giuseppe Baldacchini, coordinatore della ricerca, i risultati dell’esperimento avvalorano l’ipotesi che da sempre la Chiesa sostiene, e cioe’ che l’immagine di Cristo sia stata originata da un potente lampo di luce attribuito alla resurrezione.
13 Giugno 2008 alle Giu 13, 08 | 12:36
La cosa inspiegabile è come Cristo si sia procurato un macchinario laser duemila anni fa per avviare il processo di resurrazione.
8 Giugno 2008 alle Giu 08, 08 | 20:17
Ho cambiato indirizzo, ma la sostanza è la stessa:
bilico.splinder.com
ah… sulla sindone…. NON FA UNA PIEGA!
un pò lungo da leggere (meno male che hai messo il grassetto). cmq… mi sembra che i dati oggettivi ci siano no?!
9 Giugno 2008 alle Giu 09, 08 | 20:17
eh se almeno vi prendereste il disturbo di documentarvi!
per fortuna che c’è Voyager:
la sindone infatti è ben più che una reliquia,
è una chiave per conoscere l’intero universo
dal suo inizio, e farà fare progressi enormi alla
fisica quantistica…
innanzitutto non può esser stata colorata a mano
perchè per fare tutti quei puntini piccoli ci
vorrebbe un laser superatomico…
e poi per quanto riguarda la parte anatomica:
ovviamente il corpo era in sospensione senza gravità
e il lenzuolo è stato proiettato con un ologramma
quantico, come nell’orizzonte degli eventi dei buchi
neri.
atei, ecco cosa siete!
http://it.youtube.com/watch?v=9_zjTHOiN68
mz
7 Luglio 2008 alle Lug 07, 08 | 17:24
interessante la teoria del ferro da stiro… XD
cmq, è buffo vedere quanto gli scettici si impegnino per demolire un lenzuolo.. se c’è qualcosa di comico è proprio questo loro accanimento.
16 Luglio 2008 alle Lug 16, 08 | 13:55
Cari amici miei, ormai ci sono le prove di fonti storiche dettagliate riguardo all’Acheiropoietos (l’immagine del Volto di Cristo nella storia, non realizzata dalle mani dell’uomo). Potete inventarvi quello che volete, ma ciò che conta è l’esistenza di una descrizione dettagliata del VII secolo sul vero Volto di Cristo da parte del poeta di corte dell’imperatore Eraclio, Giorgio Pisides, che conferma nei dettagli la sua corrispondenza al Volto Santo di Manoppello, immagine perfettamente diapositiva, olografica e che sparisce contro luce perché i colori non fanno corpo sul telo e quindi non è una pittura.
4 Maggio 2010 alle Mag 04, 10 | 15:17
La Sindone non si puo’ commentare,ma si commenta da se’.La ragione e’ costretta a mettersi da parte per prevalere con prepotenza il mistero. Come sia potuto succere ma e’ vero quello che vedo,una persona normale dopo la flagellazione e una corona di spine sulla testa sarebbe potuto arrivare alla crocifissione? Lasciare la sua immagine su una stoffa comune senza sbavature, come una fotografia fatta sull’istante per esere guardata nel futuro.Grossi personaggi del passato avrebbero potuto avere la possibilita’ economica di lasciarci la propia
immagine in modo autobiografico.
Niente di tutto cio’, documenti autobiografici immagini di loro disegnati o scolpiti su pietra ma una immagine come la sindone e’ veramente unica e che fara’ parlare tanto fine alla fine dei tempi.
7 Maggio 2010 alle Mag 07, 10 | 17:05
Forse la Sindone dovrebbe essere lasciata “completamente” in mano agli scienziati per le verifiche del caso. Converrebbe anche alla Chiesa che un’insigne equipe di supertecnici di tutte le nazioni e di fedi diverse si arrendesse dichiarando la loro (attuale) impotenza a far luce sul reperto.Ma potrebbero anche venirne a capo spiegando il fenomeno in modo scientificamente onesto! E allora…..??
14 Giugno 2010 alle Giu 14, 10 | 15:57
se qualcuno ha voglia e interesse a prendere visione e documentarsi sui risultati scientifici effettuati sul telo sindonic, vi diamo la possibilità di farlo e quindi quando confutiamo qualche teoria, allora possiamo farlo con cognizione di causa, senza preconcetti o pregiudizi vari.
La documentazione storico- fotografica e scientifica la troviamo sul sito:
http://www.associazioneavento.it