Il ruolo dimenticato delle donne nella storia dell’informatica – Clive Thompson – Internazionale
di SKA su ControInformazione, Cose dette da altri il 19 Aprile 2021
Negli anni cinquanta, quando era adolescente e viveva in Maryland, Mary Allen Wilkes non immaginava di diventare una pioniera dell’informatica. Il suo sogno era fare l’avvocata civilista. Ma un giorno del 1950 la sua insegnante di geografia delle medie la sorprese dicendo: “Mary Allen, da grande dovresti fare la programmatrice di computer”. Wilkes non aveva idea di cosa facesse una programmatrice, e non era neanche tanto sicura di cosa fosse un computer. Pochissimi statunitensi lo sapevano. I primi computer erano apparsi solo una decina d’anni prima nei laboratori delle università e del governo.
Quando nel 1959 si laureò al Wellesley college, in Massachusetts, Wilkes sapeva già che il suo sogno di diventare avvocata era irrealizzabile. Tutti i professori le ripetevano la stessa cosa: non provare neanche a fare domanda per iscriverti a giurisprudenza. “Lascia perdere”, le dicevano, “non entreresti mai. Anche se ce la facessi, non riusciresti a laurearti. E anche se ti laureassi, non troveresti mai un lavoro”. Dicevano che se alla fine avesse avuto la fortuna di laurearsi e di trovare un impiego, non avrebbe mai potuto discutere dei casi in tribunale. Molto probabilmente l’avrebbero relegata in qualche biblioteca, a fare la segretaria in uno studio legale o ad amministrare fondi fiduciari o proprietà immobiliari.
Ma Wilkes non aveva dimenticato il suggerimento della sua insegnante delle medie. Appena arrivata all’università sentì dire che i computer sarebbero stati le macchine del futuro. Sapeva che al Massachusetts institute of technology (Mit) ce n’era qualcuno. Così, subito dopo aver preso la laurea, si fece accompagnare all’Mit dai suoi genitori ed entrò decisa nell’ufficio assunzioni dell’ateneo. “Avete un posto da programmatrice?”, chiese. Ce l’avevano, e fu assunta.
Oggi può sembrare strano che l’istituto assumesse una persona senza nessuna esperienza specifica. Ma a quei tempi quasi nessuno aveva esperienza di programmazione. Come disciplina quasi non esisteva, c’erano pochissimi corsi universitari di programmazione e nessun corso di laurea specialistico (l’università di Stanford, in California, creò un dipartimento d’informatica solo nel 1965). Perciò gli istituti che avevano bisogno di programmatori si affidavano ai test attitudinali per valutare le capacità di ragionamento logico dei candidati. Wilkes aveva una certa preparazione di base perché aveva studiato logica matematica, che implica la capacità di argomentare e dedurre collegando tra loro operatori logici binari (and/or), un po’ come succede con i codici informatici.
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